Di fronte al dramma della guerra e alla pesantissima violazione delle regole della convivenza tra le nazioni può sembrare ormai chiuso lo spazio per un confronto sulle forme della politica e sui valori di fondo di una società moderna. La pandemia prima e l’aggressione russa all’Ucraina hanno fatto tornare in primo piano il ruolo degli Stati nella politica sanitaria prima, nelle scelte per la difesa e per l’energia poi. Un cambiamento di prospettiva inevitabile rispetto ai tempi ormai lontani in cui si discuteva di terza via in uno scenario caratterizzato dalla vittoria del capitalismo e delle democrazie sui sogni imperiali del comunismo reale.



Eppure ci sono riflessioni e prospettive che non meritano di essere lasciate nei libri di storia nella speranza di un futuro in cui sia ancora possibile discutere di sistemi politici e guardare con un atteggiamento insieme critico e costruttivo ai valori della dimensione sociale ed economica.

È allora più che utile riportare all’attenzione gli autori che hanno animato il dibattito politico nella seconda metà del secolo scorso, autori che con diverse prospettive hanno approfondito i valori di fondo della società. È quanto si è proposto l’Istituto Bruno Leoni che ha dato vita a un’agile collana di libri dedicata ai “Classici contemporanei”. Nelle prime tre monografie Flavio Felice illustra il pensiero di un suo grande maestro, il teologo cattolico americano Michael Novak, poi Jacopo Marchetti analizza il pensiero del premio Nobel per l’economia nel 1993 Douglas C. North, mentre Giacomo Brioni dedica la sua analisi al filosofo libertario di origine ungherese Anthony de Jasay.



Libri agili, piccole antologie, saggi particolarmente divulgativi che costituiscono un filo d’Arianna in quello che spesso è il labirinto della polemica politica.

In particolare, il libro di Flavio Felice dedicato a Michael Novak (Ibl libri, pagg.170, € 14) mette in luce l’impegno del teologo e politologo americano nell’appassionata difesa di un liberalismo fondato sul valore della persona e strettamente collegato alla Dottrina sociale della Chiesa. Novak, scrive Felice, “intende elaborare una ridefinizione della nozione di giustizia sociale che affondi le sue radici nel principio di sussidiarietà e nella pluriarchica società civile concepita come argine critico al potere dello Stato”. 



Questo significa mettere al centro la persona, non come entità isolata, ma definita dalla profondità delle sue relazioni. Divengono quindi essenziali istituzioni che garantiscano la libertà politica e quindi una democrazia reale e che nello stesso tempo aiutino l’efficienza del mercato sul fronte economico. Nasce così la definizione di capitalismo democratico, una definizione evocata in apertura del libro da una citazione di Dario Antiseri che sottolinea come “il tallone d’Achille del capitalismo democratico sta nell’aver trascurato di richiamarsi allo spirito umano; di non avere avuto teorici che ne mettessero in luce il bene che esso produce all’umanità, i quali facessero vedere la consonanza con gli ideali più nobili. Proprio questo – sottolinea Antiseri – ha inteso fare Michael Novak con la sua opera: far capire la superiorità morale di un sistema che pur avendo dimostrato nella pratica di essere il migliore, è stato fatto oggetto di insulti e di accuse da parte di una schiera senza fine di intellettuali di sinistra (e di destra)”.

Il pensiero di Novak è profondamente consonante con le encicliche sociali di papa Giovanni Paolo II. Rivalutando la figura dell’imprenditore in quella dimensione economica che, più che capitalismo, dovrebbe essere definita, come afferma la Centesimus annus, economia d’impresa.

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