Il generale Paolo Capitini, ospite di Agorà, ha parlato della difficoltà di attuare la proposta dell’Unione Europea di una missione navale per la scorta del grano proveniente dall’Ucraina. “La richiesta di liberare gli sbocchi sul Mar Nero per questo obiettivo somiglia molto alla no-fly zone, ma anziché degli aerei hai le navi da guerra”, ha premesso. Le due operazioni in tal senso sono parallele anche dal punto di vista della impossibilità di realizzazione.



“In acqua ci sono due tipologie di mine. Alcune sono facilmente localizzabili poiché piazzate dall’Ucraina davanti ad Odessa a difesa della città. Esse si potrebbero togliere in breve tempo. Altre sono vaganti, non se ne ha alcuna traccia. L’Ucraina accusa la Russia di averle piazzate, mentre la Russia accusa l’Ucraina di averlo fatto. Esse talvolta sono state ritrovate persino sulle coste di Turchia e Romania”, ha spiegato l’esperto. È per questo motivo che la scorta navale non rappresenta una soluzione attuabile qui e ora. “Ci vorrebbero mesi e mesi per eliminare le mine”.



Capitini: “Scorta navale per grano Ucraina? Ardua”. Il problema resta

Il problema del grano bloccato in Ucraina, dunque, resta: il generale Paolo Capitini ritiene che una scorta navale non sia plausibile, oltre che essere rischioso. In primo luogo da un punto di vista tecnico. “Le navi mercantili non hanno sistemi di rilevamento, per cui i costi di assicurazione sono stratosferici. I premi sono aumentati del 4%”. In secondo luogo da un punto di vista strettamente legato al conflitto. “Il Mar Nero è particolare, perché per convenzioni internazionali è vietato far entrare navi di guerra in caso di conflitto. La Gran Bretagna ha proposto di mandare le proprie navi di scorta, ma è legata alla Nato. A poterlo fare sarebbero solo paesi neutri come la Turchia”.



È indispensabile dunque trovare altre soluzioni, anche a lungo termine. “La gestione del grano è nelle mani della natura. Attualmente c’è il raccolto dello scorso anno da togliere, ma anche quello di quest’anno da recuperare e la semina da fare per il prossimo anno. È un problema di durata triennale”, ha concluso ad Agorà.