Sean Kirkpatrick, capo della divisione investigativa sugli UFO del Pentagono, ha annunciato la sua intenzione di dimettersi dal ruolo il prossimo dicembre, appena 19 mesi dopo aver ottenuto l’incarico. Il fisico, infatti, venne messo a capo dell’All-Domain Anomaly Resolution Office (noto come AARO), a luglio del 2022 quando venne inaugurato per volontà dell’amministrazione Biden, allo scopo di identificare la natura degli UFO segnalati dai piloti militari. Molti credono che si potrebbe trattare di alieni, mente una fetta maggiore di popolazione è convinta che siano solo velivoli di altre nazioni che infrangono (più o meno volontariamente) lo spazio aereo degli USA. Dal conto suo, invece, Kirkpatrick auspica che si tratti di alieni, perché l’alternativa, a suo avviso, sarebbe ben più grave.
Kirkpatrick e la sua posizione su UFO e alieni
Insomma, Kirkpatrick lascerà presto il suo ruolo dirigenziale all’interno della divisione investigativa sugli UFO del Pentagono. A differenza di quanto si potrebbe immaginare o supporre, però, è stato lui stesso a decidere di rassegnare le dimissioni, sottolineando in un’intervista a Politico che “sono pronto ad andare avanti, ho portato a termine tutto ciò che avevo detto che avrei fatto“, seppur desideri ancora chiudere una revisione storica sui velivoli non identificati prima di lasciare la sua poltrona.
Fin da quando l’AARO è stato istituito sono aumentate esponenzialmente le segnalazioni di UFO nei cieli americani, mentre la questione sulla loro natura è stata affrontata in modo più trasparente, grazie anche al contributo di Kirkpatrick. Fu lui, peraltro, a smentire le dichiarazioni fatte dall’ex ufficiale dell’intelligence aeronautica David Grusch, che davanti al Congresso, sotto giuramento, disse che il Pentagono possiede “prodotti biologici non umani” che tiene segreti. Kirkpatrick, inoltre, nell’intervista in cui ha annunciato le sue dimissioni da investigatore degli UFO, ha detto di ritenere l’ipotesi che si trattino di alieni plausibile, nonché migliore della possibilità che “altre persone facciano qualcosa nel nostro cortile. La comunità scientifica”, ha detto, “concorderà sul fatto che non è statisticamente valido credere che non ci sia vita nell’universo“.