85 migranti sono sbarcati a Taranto dalla missione della Geo Barents di Medici Senza Frontiere. “Non verremo mai meno al nostro impegno, al nostro dovere di salvare vite umane – sono le parole di Juan Matias Gil, a capo della missione, intervistato da Il Riformista – Lo stiamo facendo da otto anni nel rispetto del diritto del mare e di quello umanitario. Non siamo noi i ‘fuorilegge’. Salvare vite umane è il nostro imperativo, ed è un obbligo sancito da tutte le convenzioni e le leggi internazionali e per questo continueremo a farlo. Evidentemente per altri non è così”. Un riferimento neanche tanto velato al governo di Giorgia Meloni e al decreto migranti.



Per Juan Matias Gil, “la strategia del governo italiano ha l’obiettivo di ostacolare l’attività di ricerca e di soccorso”. Lui è a capo della prima missione che è riuscita a salvare dei naufraghi in balia del mare dopo l’approvazione del decreto relativo ai migranti e alle Ong. E rivela che “le persone sono in ansia per quello che avverrà nelle prossime ore e giorni”. dello sbarco di quegli 85 migranti, Juan Matias Gil ricorda la soddisfazione “perché siamo riusciti, tra tante difficoltà, a mettere in salvo persone che altrimenti avrebbero rischiato di morire in mare o di essere rispedite a forza nei lager libici”. Ma ammette di provare anche “tanta rabbia”, perché “dopo aver portato a termine due operazioni di salvataggio, con poche persone e con una grande capacità a bordo, siamo stati costretti a lasciare la Sar (la zona ricerca e soccorso, ndr) pur con i tanti casi aperti che c’erano”.



Migranti, polemica delle Ong su decreto governo: “lasceremo un grande vuoto”

Juan Matias Gil, a capo della missione Geo Barents di Medici Senza Frontiere, tra le pagine de Il Riformista spiega che il decreto migranti del governo Meloni “c’impone di andare in un porto subito anche se ci sono allerte aperte, lasceremo un grande vuoto nella ricerca tornando in porto e delle persone potrebbero annegare o tornare in Libia”. Ha idee ben chiare sulle intenzioni del governo: “ostacolare l’attività di ricerca e di soccorso”. Un fatto che “può generare due conseguenze: che si verifichi un incidente dove le persone annegano e muoiono. L’altra è una intercettazione delle persone che vengono respinte e riportate forzatamente in quei lager libici da dove stanno scappando. E i lager libici sono pagati con soldi dello Stato italiano, dei cittadini italiani. Lager in cui tutti gli abusi, le torture, lo scempio di diritti umani sono documentati”.



Amareggiato, Juan Matias Gil confessa a Il Riformista che “da un po’ di tempo tante persone si sono dimenticate o hanno ignorato quello che succede nel Mediterraneo e più in generale sui migranti. Abbiamo fatto tanta fatica per fare sentire la nostra voce”. E sottolinea che “lo Stato italiano deve agire in questa situazione ma con lo scopo di salvare vite. Non con lo scopo di lasciare morire o di silenziare, di occultare la situazione. Perché pure se le Ong non saranno lì, le persone continueranno a partire dalla Libia”.