Stefano Capuano, il pm che nel 2006 si occupò del caso di Calciopoli insieme a Giuseppe Narducci Filippo Beatrice, ha parlato a Repubblica di come è cambiato il sistema a distanza di sedici anni da quei fatti. “Ero convinto che quella vicenda potesse rappresentare un’opportunità per voltare pagina, invece si è persa un’occasione”, ha ammesso. Il clamore mediatico fu enorme e le sentenze piuttosto dure sia da parte della giustizia sportiva sia da parte della giustizia ordinaria, ma ciò non è stato sufficiente per lasciare il segno.

“È finito tutto nel dimenticatoio. Molti dei protagonisti di quell’inchiesta continuano ad avere ruoli nel mondo del calcio”, ha riscontrato. Gli esempi sono diversi. “Non sto parlando solo del principale imputato (Luciano Moggi, condannato in appello a due anni e quattro mesi di reclusione, ndr) per il quale è stato più difficile far dimenticare il suo coinvolgimento, ma di dirigenti, presidenti e anche esponenti del mondo arbitrale. È inutile fare nomi, nelle sentenze c’è tutto. È un peccato, il calcio italiano poteva intraprendere una strada diversa”.

Capuano, pm Calciopoli: “Occasione persa”. Il caso Juventus

A distanza di decenni dalle sentenze di Calciopoli, inoltre, la giustizia sportiva è stata sconvolta nuovamente dal caso delle plusvalenze: il pm Stefano Capuano, tra le due vicende, non trova però molti punti di incontro. “Si potrebbero ravvisare analogie solo qualora dovesse emergere l’esistenza di un sistema ispirato dalla volontà di raggiungere risultati attraverso modalità illecite”, ha spiegato. E sulla penalizzazione inflitta alla Juventus: “Davanti ogni decisione giurisdizionale è indispensabile leggere le motivazioni, prima di commentare. Nel calcio però finisce sempre per prevalere la pancia, rispetto al ragionamento”.

Il terreno su cui si sta discutendo, tuttavia, è ancora in parte inesplorato. “Sicuramente occorre fissare dei parametri proprio per evitare ciò che accade oggi, dove le norme sono talmente aleatorie da consentire, almeno in linea teorica, di giustificare qualsiasi operazione”. Un processo che attualmente è però difficile da immaginare. “Servirebbero dei criteri che possano consentire di individuare in modo sufficientemente attendibile il valore di un calciatore. Per lavorare a questa riforma ci vorrebbe una struttura federale forte che in questo momento, a mio avviso, manca”, ha concluso.