Il primo italiano che sia riuscito a “bucare” un clan di ’Ndrangheta è un carabiniere del Ros con esperienza in Italia e all’estero. Il suo nome è “segreto”: non può essere infatti rivelato. Quella appena conclusa non è la sua prima operazione coperta. Per anni, infatti, ha lavorato sui movimenti finanziari, traffici, rapporti e contatti della ‘Ndrangheta: le informazioni sono state fondamentali per la maxi inchiesta “Eureka”, che la scorsa settimana ha portato a più di duecento arresti in tutta Europa.



A Repubblica, il carabiniere racconta di essere stato “un altro” per “Due anni e mezzo circa. Ero un insospettabile legato a contesti criminali, utile a risolvere problemi grazie a rapporti, contatti e ganci in Italia e all’estero. Tutto è stato pianificato, ma bisogna fare attenzione a qualsiasi cosa. I clan ti mettono alla prova, verificano tutto quello che dici o racconti, le persone che sostieni di conoscere, le circostanze”.



Il carabiniere Ros: “Così la ‘Ndrangheta muove milioni”

Dopo aver lavorato a lungo sulla ‘Ndrangheta e averla studiata per anni, il carabiniere ci si è trovato dentro. A Repubblica rivela: “È molto più pericolosa e ramificata di quanto si possa immaginare”. I piccoli centri sono gli hub fondamentali della mafia calabrese: “Non tutti sono allo stesso livello, ma ci sono soggetti con capacità manageriali inimmaginabili e contatti in tutto il globo. Stanno a Bovalino e quattro giorni dopo te li ritrovi in Sudamerica, poi di nuovo a Bovalino al bar. E muovono milioni”.



Il carabiniere del Ros lo ha visto proprio con i suoi occhi: “Ho visto movimentare una trentina di milioni grazie a un circuito criminale cinese, una sorta di money transfer clandestino. I soldi venivano ritirati e cinque minuti dopo erano disponibili in un Paese latino americano“. La regia è proprio la cooperazione tra i diversi clan: “La ’Ndrangheta è unitaria, c’è sempre una sorta di mutuo soccorso fra le diverse famiglie”, racconta ancora.