Sono numerose le discrepanze fra quanto accaduto durante la notte del 16 luglio, quando venne ucciso il carabiniere Mario Cerciello Rega, e la tesi sostenuta dai due americani in carcere. Questi ultimi ritengono di aver agito di istinto trovandosi di fronte due persone in borghese non identificabili come militari dell’arma. Una versione confermata dagli ultimi risvolti (che trovate nei focus più sotto), ma che cozza invece con altri eventi, come la “pianificazione” dell’incontro fra i due statunitensi e i due carabinieri in un luogo lontano dalle telecamere, che farebbe pensare quasi ad un agguato. C’è poi da risolvere il giallo riguardante Italo Pompei, che come specificato ai colleghi di Fanpage.it, non ha niente a che fare con questa vicenda (“Io non c’entro niente – le sue parole – non so neanche come ci sono finito in questa brutta storia, pronto a querelare chiunque mi tiri in ballo”), e che secondo Corriere.it sarebbe stato in frequente contatto con Cerciello Rega, al punto che sarebbero più di duemila i contatti fra i due negli ultimi 24 mesi. Uno scenario, quest’ultimo, che al momento non significa nulla e toccherà agli inquirenti fare chiarezza su questo ennesimo capitolo oscuro di questa vicenda drammatica. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



CARABINIERE UCCISO A ROMA: UN AGGUATO?

Si arricchisce di ulteriori dettagli la triste vicenda riguardante la morte del povero Mario Cerciello Rega, vicebrigadiere dei carabinieri, ucciso la notte fra il 15 e il 16 luglio scorso a Roma. Oggi il quotidiano Il Messaggero ha dato ampio risvolto alle ultime novità sul caso, sottolineando come i due giovani studenti americani in vacanza in Italia, leggasi Christian Gabriel Natale Hjort, e Finnegan Lee Elder, abbiano dato “appuntamento” a Cerciello Rega e al suo compagno, Andrea Varriale, in un punto “buio”. Pianificando nel minimo dettaglio l’incontro, i due statunitensi avrebbero quindi agito nascondendosi agli occhi delle telecamere e spostandosi in un punto dove non vi sono videocamere di sorveglianza. Un aspetto da non sottovalutare visto che potrebbe rappresentare un’aggravante, tenendo conto di una sorta di premeditazione per compiere qualcosa di illecito che non doveva essere impresso appunto nei video, o semplicemente, non volevano lasciare traccia alcuna di quanto accaduto quella notte. Tanti dettagli e tante novità emerse nell’ultime ore che stanno a poco a poco ricostruendo una serata drammatica. La cosa certa è che il quadro accusatorio nei confronti dei due è granitico, mentre su come sono andate realmente le cose, c’è ancora tanto da scoprire. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



CARABINIERE UCCISO A ROMA: GLI ULTIMI RISVOLTI

Si infittisce il giallo attorno alla morte del carabiniere Mario Cerciello Rega, ucciso nella notte tra il 25 il 26 luglio scorso a Roma: infatti nella giornata di oggi la stampa dà conto di alcuni nuovi elementi che tuttavia non ricostruiscono il puzzle di eventi di quella drammatica notte e che riguardano non solo la vittima e il suo collega Varriale ma pure una chat su Whatsapp dei due giovani aggressori americani poco prima della tragedia. Nella conversazione tra Gabriel Natale Hjort e Sergio Brugiatelli (il mediatore dei pusher) il primo intima al secondo di arrivare all’appuntamento da solo nei pressi di una filiale della Banca Unicredit da solo, con Natale che è evidentemente preoccupato dalle “voci” che ha sentito in giro. Sull’altro versante, invece, sarebbe emerso che non solo Cerciello Rega quella notte non aveva con sé la pistola, lasciata nel suo armadietto in Caserma, ma fosse anche in bermuda e sprovvisto del suo tesserino. Oggi è stato reso noto pure il drammatico audio della telefonata che Andrea Varriale, collega del vicebrigadiere ucciso, ha fatto alla centrale operativa dopo che Cerciello Rega era stato colpito sotto il braccio e perdeva sangue. Dall’audio si capisce come ci fossero problemi di comunicazione e che Varriale aveva intuito la gravità della ferita sollecitando al più presto l’intervento del 118. Se tutte queste informazioni venissero confermate sarebbe smontata la tesi secondo cui i due Carabinieri si sarebbero qualificati prima di presentarsi ai due giovani turisti statunitensi, nonostante Varriale continui a sostenere il contrario. (agg. di R. G. Flore)



COSA E’ SUCCESSO DAVVERO QUELLA NOTTE?

Francesco Gargano, comandante dell’Arma dei carabinieri, ha parlato così in conferenza stampa in merito agli ultimi risvolti circa le indagini sulla morte del carabiniere Mario Cerciello Rega: “Ma anche se non fossero stati in servizio – le sue parole riportate da Fanpage.it – è apprezzabile la condotta di un carabiniere che vede un ladro o una spacciatore e agisce. Si può anche non essere in servizio, ma si rimane pur sempre un carabiniere”. Parole a commento del fatto che sia Varriale che Cerciello Rega fossero sprovvisti di distintivo e di pistola d’ordinanza al momento dell’accoltellamento del 19enne americano Finnegan Lee Elder. Risvolti agli atti e inediti che di fatto ricostruiscono in maniera totalmente differente quanto accaduto durante la terribile notte fra il 25 e il 26 luglio. Dubbi, come scrive Fanpage, anche sulla presenza di pattuglie d’appoggio ai due carabinieri, che sarebbero state nelle vicinanza, come raccontato sempre in conferenza, ma non tali da intercettare i due giovani americani, riusciti a dileguarsi nel giro di pochi istanti. Dubbio confermato anche dalla prima telefonata di Varriale alla sala operativa, che non sembra consapevole della presenza di uomini d’appoggio nelle vicinanze. Come sono andate davvero le cose? (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

CERCIELLO REGA E VARRIALE IN BERMUDA E SENZA TESSERINO

Il quotidiano Repubblica ha pubblicato la drammatica telefonata di Andrea Varriale alla Centrale operativa dei carabinieri, subito dopo l’aggressione avvenuta a Mario Cerciello Rega. Sono le ore 3:16 della notte fra il 25 e il 26 luglio scorso, e il vice brigadiere è stato appena accoltellato dal ventenne Finnegan Elder Lee con undici fendenti. Varriale chiama i soccorsi, attimi drammatici. “Perde tanto sangue, sto tamponando – le parole del militare dell’arma all’operatore – fa veloce, che perde tanto sangue”. Durante la chiamata Varriale si rivolge più volte al collega a terra, agonizzante: “Mario, oh guardami Mario, Mario guardami…Mario ti prego! Collega accoltellato, collega accoltellato, Mario, Mario, Mario! Veloce il 118, veloce, Mario guardami!”. Varriale cerca poi di rincuorarlo: “Mario, oh Mario! Guarda qua, stai tranquillo, Mario, stai tranquillo, Mario…vi prego volate, vi prego perde un sacco di sangue sto tamponando io, Mario oh, Mario, Mario!”. Il carabiniere fornisce anche alcune dettagli sulla ferita: “E stato accoltellato sotto il braccio ma perde una cifra di sangue e respira a mala pena respira a mala pena, mi sono tolto la maglietta sto tamponando io perde una cifra di sangue”. Ad un certo punto si sente anche Cerciello dire “Sto male, sto male”. Una telefonata drammatica, gli ultimi attimi di vita del militare che morirà poco dopo a seguito delle gravissime ferite riportate. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

CARABINIERE UCCISO A ROMA, CERCIELLO E VARRIALE IN BERMUDA

Proseguono senza sosta le indagini in merito all’omicidio del povero Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere dei carabinieri ucciso a coltellate nella notte del 26 luglio scorso in quel di Roma. Al momento risultano essere iscritti sul registro degli indagati i due giovani studenti americani, in vacanza nella capitale, Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, attualmente rinchiusi in carcere. Come sottolineano i colleghi di TgCom24.it, sono svariati i punti su cui bisogna ancora fare chiarezza, e stando agli ultimi dettagli emersi il mistero sembrerebbe ingarbugliarsi ulteriormente. Andrea Varriale, il collega che era con Cerciello, anch’egli ferito durante la colluttazione, ha spiegato che erano in bermuda, disarmati e senza il tesserino di riconoscimento, nel momento in cui hanno fermato i due statunitensi.

CARABINIERE UCCISO A ROMA, LA DICHIARAZIONE DI VARRIALE

In base a quanto riporta Open, Varriale avrebbe proferito precisamente tali parole al procuratore durante l’interrogatorio: “Anche la mia pistola era nell’armadietto. Eravamo in borghese con bermuda e maglietta, l’arma si sarebbe vista”. Un racconto che di fatto smonta la tesi che i due militari dell’arma si sarebbero qualificati, facendosi identificare in maniera chiara, prima di presentarsi ai due giovani ragazzi americani, e che nel contempo asseconda la versione degli arrestati, che hanno sempre spiegato di essersi trovati davanti due sconosciuti e di aver reagito per paura. Entrambi i carabinieri non avevano con se nemmeno le manette; Cerciello aveva solamente un marsupio in cui vi erano delle chiavi, alcune monete, carte da gioco e una banconota. Negli ultimi giorni è intanto emerso un nuovo filmato di una telecamere di sicurezza presente in zona, che andrebbe a coprire il buco di 24 minuti passati dal momento in cui Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth escono dall’albergo, fino all’appuntamento con Sergio Brugiatelli, l’intermediario del pusher a cui avevano rubato il borsello poche ore prima a Trastevere.