Un caso che ha sconvolto l’Italia, quello che ha visto la morte del carabiniere Mario Cerciello Rega, per le modalità e per la figura integerrima della vittima. Un caso che ha però ancora molti punti oscuri su cui si sta indagando e che si spera vengano portati alla luce al più presto. Secondo Alessandro Benedetti, professore a contratto nell’Università Europea di Roma dove insegna criminologia, scienze criminali e diritto di pubblica sicurezza, da noi intervistato, “una concomitanza di cause davvero incredibile”. Gli aspetti infatti che paiono quantomeno sospetti sono principalmente la telefonata dell’uomo che denunciava il furto del suo borsello che ha dato al centralino della questura un indirizzo dove si sarebbe fatto trovare e dove sarebbe accaduto il fatto. Qui, dice ancora l’uomo, i due ladri, indicati inizialmente da lui come nordafricani, gli avrebbero dato appuntamento per restituirgli il borsello dietro il pagamento di cento euro. Una voltante della polizia arriva sul luogo indicato, ma non trova nessuno. Nel frattempo, Mario Cerciello Rega insieme al collega Andrea Varriale si reca, in borghese, al vero appuntamento. Ecco la prima domanda che sorge: come sapevano dove recarsi, se la telefonata arrivata in questura indicava un altro indirizzo? “Evidentemente” dice il professor Benedetti “Cerciello e il suo collega erano stati chiamati direttamente dall’uomo”, che secondo quanto trapela era un informatore dei carabinieri, ben conosciuto dai due. Proprio questa conoscenza, ci spiega, “deve aver contribuito a una sottovalutazione dei fatti. Viene da pensare che fossero così tranquilli da non essere andati predisposti all’uso delle armi, altrimenti è impossibile, per quanto repentina sia stata l’azione omicida, che non ci sia stato né prima né durante né dopo, sia da parte del Cerciello che del suo collega, il tentativo di reagire: non è stato esploso alcun colpo di arma da fuoco, niente, mentre i due uccidevano e poi fuggivano, come mostrano le telecamere sul luogo”. I due giovani americani sostengono che i due carabinieri non si sono presentati come tali e loro avrebbero pensato di trovarsi davanti degli spacciatori, dei drogati minacciosi, per questo avrebbero reagito: “Questa è una dichiarazione da prendere totalmente con le pinze; potrebbe far parte della loro linea difensiva”.
L’APPUNTAMENTO MISTERIOSO E IL COLTELLO D’ASSALTO
Cosa questa, smentita ufficialmente dal Varriale che ha detto che si erano dichiarati come carabinieri. Altro fatto misterioso, su cui si attende conferma ufficiale, è che i due si siano recati all’appuntamento senza avvertire nessuno: “Mi sembra evidente che ci sia stata una sottovalutazione, non sono andati predisposti ad affrontare un evento critico, pensavano di risolvere la cosa facilmente” dice ancora Benedetti. “Come sappiamo, i due ragazzi americani avevano assunto sostanze stupefacenti e alcolici, erano in cerca di altra droga, erano cioè fuori di testa ed è successo l’imprevisto. Evidentemente Rega e il collega non si aspettavano di trovarsi davanti due elementi del genere e in quelle condizioni”. Bisogna però anche capire come il personaggio che li ha contattati abbia presentato loro la cosa, magari con faciloneria, tipo: venite qua, gli diamo dei soldi e mi ridanno il borsello. Effettivamente questi due americani erano fuori di testa ma non è che appartenessero alla criminalità organizzata, erano due turisti sotto uso di stupefacenti che forse portavano il coltello per paura (un coltello a lama fissa lunga 18 centimetri tipo Trench Knife Kabar Camillus appartenente ai Marines americani e portato direttamente dall’America, da chiedersi come sia passata ai controlli aeroportuali tra l’altro, ndr). Insomma una concomitanza di cause davvero incredibile. Si dice che i due carabinieri siano andati a recuperare il borsello per ridarlo al loro informatore, è un gesto giustificabile questo? “Ci andrei molto cauto anche su questo, perché non sappiamo se non fosse stato ucciso cosa avrebbe scritto sulla relazione di servizio”. Un episodio comunque di estrema gravità e violenza inaudita, undici coltellate in pieno centro di Roma: “La cosa che va sottolineata è che Roma è diventata quello che è, una centrale dello spaccio e dell’arrivo della merce che si dirama nelle varie località. Dove c’è il miele arrivano le api, Roma oggi ha un tasso di criminalità che ricorda glia anni 70 e l’inizio degli anni 80, anche dal punto di vista della criminalità organizzata sta diventando una centrale di interessi come era la Palermo degli anni 70. Questo è una situazione dove poi si verificano casi come questo,che si incastrano nelle variabili indipendenti, ma se Roma non fosse quello che è, molte tragedie non si verificherebbero”. Recentemente le forze dell’ordine parlano di una catena di criminalità organizzata gestita dalla mafia nigeriana nelle grandi città: “Assolutamente sì, ci sono molte mafie a Rima, che si dividono il territorio in modo pacifico e a volte no: ndrangheta, camorra, mafia africana, mafia cinese e anche mafia russa. Roma è una centrale di spaccio anche per l’Europa dell’Est, la situazione è allarmante poi ci si chiede il perché di certi risultati anche elettorali”.