Potrebbe allargarsi la vicenda riguardante la caserma dei carabinieri di Piacenza. Come riferisce il Corriere della Sera in data 29 luglio, le indagini degli inquirenti si stanno allargando anche ad altri militari “che hanno assistito – scrive il giornale – o sono venuti a conoscenza dei traffici e delle illegalità diffuse che ruotavano intorno all’appuntato Giuseppe Montella”. Il maggiore Stefano Bezzeccheri, a capo della compagnia fino a che è scoppiato lo scandalo, ha di fatto “confermato” la tesi di cui sopra dicendo: «Nessuno mi ha fatto mai una segnalazione, ma non posso pensare che nessuno si sia reso conto di quello che succedeva nella caserma». Bezzeccheri, nell’interrogatorio di garanzia (è l’unico ai domiciliari del gruppo, gli altri sono in carcere), ha ammesso di non aver ostacolato l’abitudine di Montella ad arrestare più persone possibili, ma spiega anche di non aver mai saputo che l’appuntato, quanto i colleghi, pestassero gli arrestati, e usavano su di loro violenza (per la maggior parte erano immigrati).
CARABINIERI PIACENZA, IL COMMENTO DEL GIP MILANI
Il gip Luca Milani descrive le azioni di Montella e Bezzeccheri con tali parole, riportate da La Stampa in data 29 luglio: «un militare incline a sfruttare il proprio ruolo per accrescere i profitti delle attività illecite e un comandante che non solo non operava alcuna attività di vigilanza, ma anzi finiva per assecondarli spronando l’appuntato a rivolgere il suo servizio verso il massimo risultato». Presso la caserma piacentina è giunto da pochi giorni il colonnello Paolo Abrate, che ora avrà il compito, non semplice, di riconquistare la fiducia dei cittadini: «Il mio obiettivo personale – ha detto al suo “insediamento” – come ho fatto in tutti i luoghi in cui sono andato, è quello di guadagnare la fiducia, che si guadagna giorno per giorno». Sulle pagine de La Stampa, tornando a quello che i giornalisti hanno già ribattezzato “metodo Montella”, è spuntata poi la testimonianza di Gianmario Disingrini, un “semplice” cittadino piacentino: «Montella in quel periodo mi prese di mira – ha raccontato – nel 2011 mi ferma per un alcool test, mi porta in caserma e mi sottopone al palloncino prendendomi a sberle e minacciandomi. Per fortuna il tasso alcolemico è appena superiore a 0,5 grammi per litro e me la cavo con la faccia gonfia e la patente sospesa per 2 mesi».
CARABINIERI PIACENZA, LA TESTIMONIANZA: “MIA MAMMA MI SALVO’ DA UN PESTAGGIO”
Una domenica mattina, rientrando da una discoteca ubriaco, viene nuovamente fermato da Montella: «Erano le 5 – la testmonianza, ripetiamo, riportata da La Stampa che noi prendiamo e pubblichiamo in attesa di essere confermata o smentita – e mentre guidavo ho preso un senso vietato a pochi metri da casa ma sotto gli occhi dei carabinieri che vista la scena mi bloccano, mi mettono le manette e portano nella caserma Levante. Dentro Montella e un suo collega si accaniscono su di me: schiaffi, pugni e calci fino a farmi cadere per terra. Si fermano solo quando arriva mia madre attirata dalle urla selvagge che si sentivano fino al nostro appartamento. E’ stata lei a salvarmi da quel pestaggio: ha trovato la porta aperta, mi ha visto e si è buttata su di me per proteggermi da quei colpi».