Il titolo dell’ultimo numero della rivista di geopolitica Limes, diretta da Lucio Caracciolo, sembra essere un monito: “Stiamo perdendo la guerra”. Una testi piuttosto chiara, almeno nel suo punto di partenza, della quale il giornalista ha voluto parlare con Il Fatto Quotidiano in un’intervista, spiegandone le motivazioni, non scontate, e soprattutto ragionando sugli esiti e sulle possibili, seppur complesse, soluzioni.
“Gli italiani”, precisa subito Caracciolo, “non sono coscienti di essere finiti in guerra”, una “guerra grande” che è il picco della “competizione tra Usa, Cina e Russia“, ma che riversa i suoi effetti (non bellici) anche sull’Italia. Per noi, infatti, i “fronti di insicurezza [che] si moltiplicano”. Non solo la “penetrazione russa nel Mediterraneo”, ma anche una perdita della “nostra area di sicurezza tra i Balcani e il Nordafrica” mentre la crisi nel Mar Rosso dimostra chiaramente che “se si chiude il Mediterraneo siamo nei guai“. Una possibile soluzione, o almeno una luce alla fine di un lungo tunnel, secondo Caracciolo potrebbe essere “un patto bilaterale speciale con gli USA” sul modello di quelli segreti stipulati dopo la Seconda guerra mondiale, “scambiando la loro necessità di ritirarsi da alcune zone per assumere un ruolo con il loro sostegno”.
Caracciolo: “Israele combattendo Hamas lo rafforza”
Passando oltre alla guerra che riguarda l’Italia, Caracciolo ha parlato anche dell’attualità dei conflitti e della geopolitica. Le minacce di Trump di lasciare la Nato, viste con grande preoccupazione in Europa, altro non sono che sintomo di una tendenza “visibile che gli americani non vogliono più occuparsi di tutto il mondo, tantomeno dell’Europa”. Tendenza esplosa perché, attualmente, manca “il supporto di una presidenza abile e autorevole in grado di fare da mediazione” tra gli apparati USA.
Israele, nel frattempo, secondo Caracciolo dovrebbe rendersi conto che “la frattura con il resto dell’Occidente non è mai stata così grande” con esiti che andranno ben oltre il conflitto in corso. Mentre da Gerusalemme non si rendono neppure conto che “non ha un obiettivo definito o raggiungibile, in quanto liquidare Hamas non è ottenibile e questo tipo di guerre rafforzano i terroristi“. L’esito è che “Israele rischia di lacerarsi”. L’Europa, in tutto questo, sembra sottovalutare tutti i suoi rischi, come “l’effetto economico negativo dalla perdita del gas russo e la perdita dei mercati a seguito delle sanzioni” e il fatto che si sia “ricercata una demarcazione” che rappresenta “una minaccia permanente alla nostra sicurezza”, senza dimenticare il “disimpegno graduale degli USA”. Rischi sui quali, però, non può agire, perché ora come ora appare evidente che “persegue interessi diversi che non si riescono a comporre” e dovrebbe tornare “con i piedi per terra”.