Non farebbe più il criminale. Un lavoro onesto certamente: meglio se anche un po’ eccitante.

Parola di Felice Maniero dal carcere di Pescara. “Faccia d’angelo”, capo della Mala del Brenta, è tornato dietro le sbarre esattamente un anno fa con l’accusa di maltrattamenti ai danni della compagna. Allo stesso tempo però reclama una sorta di “galateo” che avrebbe contraddistinto la malavita dei suoi tempi. Il criminale protagonista di rapine, traffico d’armi, omicidi e tanto altro dice: “Noi non abbiamo mai permesso estorsioni, pizzi o reati simili in tutto il Veneto. Soprattutto mai abbiamo ucciso appartenenti alle forze dell’ordine. Un esempio su tutti: quando siamo fuggiti dal carcere di Padova avevamo legati mani e piedi una trentina di agenti penitenziari. Essendo tutti ex carcerati, c’era chi qualche sassolino dalle scarpe se lo sarebbe tolto volentieri ma io non l’ho permesso. E premetto che abbiamo commesso 7 omicidi tra bande rivali venete e moltissimi reati gravi nell’arco di trent’anni”.



Io penso però che il male sia male e che sia oltremodo pericoloso cercare di ammantare di nobiltà la corruzione: la violenza “di una volta” è sempre violenza, la mafia “di una volta” è sempre mafia. Anzi proprio la mafia, la corruzione, spesso hanno fatto breccia nei cuori di alcuni di noi o non sono state combattute con la dovuta decisione perché si sono presentate come “rimedi” a malfunzionamenti dello Stato, ad ingiustizie vere o presunte che venivano dal “sistema”.



Troppo spesso, fino a un attimo prima dello smascheramento finale, il male ha mostrato proprio la “faccia d’angelo” di uno come Felice Maniero ed ha avuto la spavalderia di parlare di sé come se fosse una cosa assolutamente normale. Invece il male è male. Non bisogna anestetizzarsi, relativizzare: proprio chi come me vuole ribadire tutti i giorni la necessità di rispettare le opinioni legittime altrui diverse dalle proprie, anzi a volte antagoniste, è chiamato ad affermare con forza che con il male non bisogna trattare. È uno dei pochi casi in cui bisogna dividere nettamente il bianco dal nero, il sì dal no.



Gesù lo insegna nel vangelo quando afferma che con il demonio non si parla mai, neppure quando, per irretire, dice la verità. Come l’indemoniato di Cafarnao: “‘So bene chi sei, il Santo di Dio!’ Ma Gesù gli intimò: ‘Taci, esci da costui!’” (cfr Lc 4,34-35). Non credo che i parenti delle vittime fatte da Maniero si consolino pensando ai suoi modi cortesi ed educati: potrebbero anzi esserne vieppiù offesi intendendoli come una sorta di ambigua ipocrisia.