Carlo Renoldi, già magistrato di sorveglianza a Cagliari, è stato nominato capo del Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

La scelta operata dal ministro della Giustizia Marta Cartabia è stata fino all’ultimo osteggiata da Lega e 5 Stelle (peraltro, alla fine, anche i due partiti contrari alla nomina, in Consiglio dei ministri, hanno, obtorto collo votato a favore), oltre che da alcuni organi di stampa (Il Fatto Quotidiano) che ritenevano sarebbe stato opportuno nominare a capo dell’ufficio che si occupa delle carceri un pubblico ministero, come quasi sempre accaduto, e possibilmente del pool antimafia, onde favorire il mantenimento dell’ordine e della sicurezza.



Le preoccupazioni di chi ha osteggiato questa nomina sono infondate ed erano dettate, come vedremo, solo da un pervicace e ingiustificato spirito giustizialista.

Ma procediamo con ordine.

Il Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, si occupa, in particolare, della gestione del personale penitenziario, delle risorse materiali (a cominciare dagli istituti di pena) e soprattutto della gestione dei detenuti e dell’esecuzione penale esterna dei detenuti (i condannati ammessi alle misure alternative).



Non è vero, come si è detto da parte di qualcuno, che chiunque può essere nominato al vertice del Dap. La legge 15 dicembre 1990 n. 395 prevede che debba essere nominato o un magistrato (con una certa anzianità di servizio) o un dirigente generale della Pubblica amministrazione.

Fino ad oggi il Governo aveva quasi sempre nominato la guida del Dap (nove volte su dieci nelle nomine degli ultimi vent’anni) scegliendo tra procuratori della Repubblica (a volte antimafia) o procuratori generali. L’ufficio dei procuratori ha come compito istituzionale quello di svolgere le indagini, individuare gli autori dei reati ed assicurarli alla giustizia, preoccupandosi che scontino le pene loro inflitte. Nominare un pubblico ministero a capo dell’ufficio che si occupa delle carceri ha, quindi, un significato preciso e cioè privilegiare un malinteso intento di garantire la sicurezza, sicurezza sociale e sicurezza nelle carceri.



Fino ad oggi i risultati conseguiti non sono stati quelli sperati (certamente non solo per colpa del Dap): sovraffollamento carcerario, sottodimensionamento del numero degli educatori ed assistenti sociali), episodi di protesta anche violenta negli istituti, aumento dei suicidi, i gravi fatti di violenza posti in essere da agenti di polizia penitenziaria a Santa Maria Capua Vetere.

Perché invece è illuminata la scelta del ministro della Giustizia di proporre a capo del Dap la nomina non di un pm, ma di un magistrato di sorveglianza (prima di essere applicato alla Corte di Cassazione, Renoldi è stato a lungo al Tribunale di Sorveglianza di Cagliari)?

Chi è e di cosa si occupa il magistrato di sorveglianza? Vigila sull’organizzazione degli istituti effettuando ispezioni e colloqui col personale e detenuti, assume informazioni sullo svolgimento dei vari servizi e verifica che l’esecuzione della custodia dei detenuti sia attuata in conformità delle leggi e dei regolamenti. Ma il compito più importante riservato a questi giudici è quello di sovrintendere sul percorso rieducativo e riabilitativo dei condannati, decidendo se e quando concedere (e se del caso revocare) i benefici previsti dall’ordinamento penitenziario, verificando periodicamente, con l’ausilio di assistenti sociali, educatori e criminologi, l’andamento del percorso in atto e regolando la fuoriuscita del condannato dal circuito penitenziario e il suo progressivo rientro nel contesto sociale. Il tutto bilanciando due fondamentali principi: la tutela della sicurezza pubblica e la necessità di garantire ai detenuti la possibilità di redenzione e rientro nel tessuto sociale.

Il magistrato di sorveglianza, in sintesi, è quel giudice che sovrintende alla concreta e corretta applicazione dell’art. 27 della Costituzione secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Pertanto la scelta della Guardasigilli di insediare, al vertice del Dap, anziché un pubblico ministero un magistrato di sorveglianza, e cioè un professionista che conosce in profondità e meglio di chiunque altro la realtà carceraria, sembra essere corretta e lungimirante anche perché è stato nominata una personalità di grande esperienza, che per 10 anni è stato a contatto col mondo carcerario e da ultimo era approdato alla Corte di Cassazione, dove si è ancora occupato di delicate questioni giuridiche attinenti proprio l’esatta applicazione dell’ordinamento penitenziario.

La speranza è che vengano ora approvate in tempi rapidi anche le norme che aggiornano e migliorano il regolamento penitenziario secondo le proposte avanzate dall’apposita commissione ministeriale che ha da poco terminato i propri lavori.

Insomma, le prospettive che finalmente qualcosa possa cambiare nel mondo carcerario sono buone.

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