Le carceri sono sempre più agitate con aggressioni agli agenti e filmati girati dai detenuti – anche quelli in alta sicurezza – e trasmessi sui social o zuffe mortali. A causa del sovraffollamento e della carenza del personale di sorveglianza, la situazione è ormai sfuggita di mano e a regnare sovrano è il caos. A confermarlo sono anche i numeri: da inizio anno sono morte 153 persone dietro le sbarre. Di queste, 67 sono decedute per suicidi e 86 per “altre cause”. Sono 1612 gli assalti violenti nei confronti degli agenti, con un aumento del 39% rispetto ai casi dello scorso anno nello stesso periodo.



L’ultimo grave episodio si è verificato nella Casa circondariale di Secondigliano, a Napoli: qui due poliziotti sono stati pestati a sangue e mandati in ospedale. Uno dei due aggressori aveva una lametta e ha tentato anche di fuggire, ma è stato bloccato. A Mammagialla, a Viterbo, martedì scorso invece un detenuto di 49 anni, Alessandro Salvaggio, è stato ucciso da un compagno di cella al culmine di una lite scoppiata per futili motivi, spiega Avvenire. Ad ucciderlo è stato un 21enne di nazionalità bulgara: lo ha preso per il collo a mani nude e ha stretto fino a farlo morire per asfissia. Gli agenti di polizia sono intervenuti ma non sono riusciti a salvare la vita al 49enne, che aveva precedenti penali e condanne per reati legati alla droga.



Carceri, violenza in crescita: mancano 18mila unità

La Procura ha aperto un’inchiesta e ha disposto l’autopsia sul corpo di Alessandro Salvaggio, 49enne ucciso a Viterbo dal compagno di cella che lo ha stretto al collo facendolo morire asfissiato. “Si tratta di un fatto gravissimo: è necessario trovare urgenti misure per frenare questo declino” spiega il segretario dell’Uspp del Lazio, Daniel Nicastrini che chiede l’assunzione di personale per far fronte all’emergenza e all’escalation di violenza all’interno delle carceri. Mancano infatti 18mila unità negli organici dei 192 istituti penali italiani e questo non fa altro che rendere più difficile la gestione dei detenuti. 



A peggiorare la situazione è lo stato di salute psichica dei reclusi: il 30% di loro, infatti, è tossicodipendente e il 40% ha manifestato disturbi di carattere mentale. Donato Capece, segretario nazionale del Sappe, spiega ad Avvenire: “Ogni giorno la polizia penitenziaria porta avanti una battaglia silenziosa per evitare che dentro le carceri italiane si diffonda uno spaccio sempre più capillare e drammatico di sostanze stupefacenti”.