Una seconda opportunità passa anche e soprattutto attraverso il lavoro. In Lombardia lavora ufficialmente un terzo dei detenuti, ma solo una piccola parte è impiegata alle dipendenze di cooperative o imprese private. Come racconta una recente ricerca del Garante nazionale dei detenuti, a fronte di 8.597 detenuti nelle carceri lombare, sono 3.020 i detenuti che lavorano, dunque il 35% del totale. Di questi 2.347 lavorano alle dipendenze dell’amministrazione ossia svolgono mansioni all’interno del penitenziario con lavori “svolti a rotazione per periodi brevi, in modo da consentire a un numero maggiore di persone di lavorare e di guadagnare nel corso dell’anno”.



Si tratta però di “forme ardite di lavoro atipico” che portano a una paghetta più che ad un vero e proprio stipendio. I progetti più strutturati sono quelli degli enti terzi: sono 672 i detenuti lombardi (8% del totale) che lavorano “per imprese o cooperative” non riconducibili all’amministrazione penitenziaria “con contratti tendenzialmente più duraturi nel tempo”. Lavorare, sottolinea Avvenire, attenua neanche una condizione spesso stressante per i detenuti, acuita dal costante sovraffollamento. Secondo l’ultima rivelazione del ministero della giustizia, in tutti e 18 i penitenziari lombardi il numero dei detenuti presenti supera quello dei posti disponibili.



Nelle carceri in Lombardia si lavora per il futuro

La sfida delle carceri è quella di costruire un percorso per la vita dopo la prigionia. “I detenuti che non lavorano hanno una recidiva del 70% che si abbassa però 2% per chi lavora” spiega Daniele Rota, direttore della cooperativa sociale Calimero, con sede ad Albino, in provincia di Bergamo. Proprio ieri la cooperativa ha inaugurato un nuovo progetto dal nome “Forno al Fresco” che si occuperà dei reinserimento dei reclusi. I prodotti prenderanno forma nel forno del carcere di Bergamo: un progetto nato nel 2012 che ha permesso il coinvolgimento di una cinquantina di detenuti.



La cooperativa occupa attualmente sette detenuti: “L’obiettivo è quello di insegnare un mestiere, con la prospettiva del reinserimento nelle comunità. È fondamentale il rapporto col territorio, con le istituzioni, con i consumatori”. Tra gli obiettivi concreti c’è quello di suonare circa 8mila panettoni in vista del prossimo Natale. I prodotti saranno venuti anche nel bar di Nembro, “Dolci Sogni Liberi” che vede a lavoro altri detenuti bergamaschi. Lucia Tramontano, responsabile del progetto, osserva ad Avvenire: “Questa è un’azione civile forte, anche per la sicurezza sociale: aiutare queste persone vuol dire aiutare la comunità, riducendo la recidiva”.