In una delle sue lettere J.R.R. Tolkien affermava che “il futuro è impenetrabile, soprattutto ai saggi; poiché ciò che è veramente importante è sempre nascosto ai contemporanei, e i semi di ciò che sarà stanno germinando silenziosamente nel buio in qualche angolo dimenticato, mentre tutti guardano Stalin o Hitler, o leggono articoli illustrati”. Che cosa sarà del futuro dell’Emilia-Romagna non ci è dato sapere, stando alle notizie di cronaca degli ultimi mesi ci sono buoni motivi per credere che non sarà un avvenire roseo per la nostra regione: tre alluvioni devastanti in un anno e mezzo, affluenza sotto il 40% alle ultime elezioni (segno di una società che ha sempre meno voglia di partecipare), anche in un recente rapporto sulla qualità della vita le città emiliano-romagnole sono vistosamente calate in classifica.
Tuttavia (e per fortuna) “ciò che è veramente importante” non va in prima pagina sui giornali e nemmeno rientra nelle analisi (più o meno lucide) degli esperti (più o meno lucidi). Infatti un seme di speranza sta “germinando silenziosamente” proprio in Emilia-Romagna, precisamente a Saludecio, nelle colline romagnole, dove si trova Casa Madre della Riconciliazione, una delle quattro case del progetto CEC (Comunità Educante con i Carcerati) nella regione. Il progetto nasce da un sogno di don Oreste Benzi: “rendere inutile il carcere“. Poco prima di morire, il fondatore dell’Associazione Papa Giovanni XXIII spedì una delegazione in Brasile a visitare la realtà delle APAC, il rivoluzionario metodo alternativo al fallimentare sistema carcerario brasiliano. Carceri senza né armi né carcerieri che, come recitava la mostra in esposizione al Meeting di Rimini nel 2016, hanno lo scopo di “convertire il tempo di privazione della libertà in una possibilità di costruzione integrale della persona del condannato”.
Tra le due realtà nasce una collaborazione grazie a una consonanza non solo nel metodo ma anche nei fondamenti, ben sintetizzati dalla frase di don Benzi: “adesso non guardiamo più nel Vangelo come Gesù trattava i poveri, ma cominciamo a trattare i poveri come li trattava Gesù”. Nello stesso 2016 le CEC vennero riconosciute come affiliate al metodo APAC. Dietro queste realtà – in cui alcuni membri di Comunione e Liberazione svolgono attività di volontariato – c’è Giorgio Pieri, membro della Papa Giovanni e amico personale di don Benzi, che ha curato la mostra L’uomo non è il suo errore. L’esperienza del CEC in Italia: le comunità educanti con i carcerati. Meno di un anno fa Pieri ha incrociato la consigliera regionale Valentina Castaldini (appena rieletta nelle file di Forza Italia) che si è interessata del CEC e ha convinto l’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna a portare in viale Aldo Moro la mostra Dall’amore nessuno fugge: l’esperienza APAC dal Brasile all’Emilia-Romagna (3-13 settembre 2024). Tra loro è nata un’intensa amicizia e altrettante cene sociali per promuovere il progetto.
Una di queste è stata organizzata proprio a Saludecio. Lo scopo era duplice: da una parte far conoscere l’esperienza di questa realtà tramite le testimonianze dei carcerati e dall’altra provare a capire quali strumenti la politica può mettere in campo per sostenere il CEC. Esso, infatti, svolge un servizio pubblico completamente gratuito che, oltre ad abbassare dal 70% al 15% il tasso di recidiva, fa risparmiare allo Stato 150 euro al giorno per detenuto. Nel corso della cena gli ospiti hanno raccontato i loro errori, i loro drammi, i loro tentativi di risalita, i fallimenti e anche le resurrezioni. Storie umanissime in cui (come in tutte le storie umane) profonde contraddizioni non vengono cancellate o “superate”, ma abbracciate. Lo si può notare dal modo (rude e tenero) con cui Giorgio Pieri e gli altri volontari dialogano con gli “ospiti”. Non è un film hollywoodiano, è molto di più, è reale. È uno spettacolo che mette in crisi perché obbliga a chiedersi che cosa veramente ha valore nella vita, e uno arriva a pensare che forse è molto più degna una giornata in quella casa insieme ad Antonio, Andrea, Davide e gli altri, piuttosto che tante altre spese con energia a cercare disperatamente di “dare il meglio” che poi non arriva mai.
Casa Madre della Riconciliazione è “un piccolo seme che sta germinando in un angolo dimenticato” e per questo merita di essere ammirato e (soprattutto) sostenuto.
Le acque si stanno muovendo, la speranza è che la Regione Emilia-Romagna possa, come si augura lo stesso Pieri, “riconoscerne la validità innanzitutto promuovendone il metodo”.
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