C’è voluto molto tempo e le possibilità sembravano molte poche, ma alla fine l’Alta Corte d’Australia ha ammesso il ricorso in appello del cardinale Pell. Come si saprà l’ex ministro delle finanze del Vaticano è stato condannato circa un anno fa a sei anni di carcere giudicato colpevole di molestie sessuali nei confronti di due chierichetti ai tempi dei fatti di 13 anni, abusi compiuti nella cattedrale di St. Patrick a Melbourne dopo la Messa alla fine degli anni 90. In seguito alla condanna, è stato espulso dal consiglio dei cardinali, ma rimane comunque arcivescovo e cardinale. La sua richiesta di appello era stata respinta lo scorso agosto, ma adesso la corte suprema ha cambiato idea accettando il ricorso. Da un anno il cardinale Pell si trova in carcere, a 78 anni di età, a Melbourne, dove svolge un lavoro come giardiniere.
LE INCOERENZE DELLA PRESUNTA VITTIMA
Nella richiesta di appello, la difesa ha citato un errore da parte di due giudici della corte nel rifiuto di accogliere il primo ricorso in appello: avrebbero chiesto all’ex cardinale di dimostrare che l’abuso era impossibile, piuttosto che ammettere l’onere della prova da parte dei pubblici ministeri. Inoltre la difesa esprime ragionevoli dubbi sulla possibilità che gli atti criminali si siano realmente effettuati e di conseguenza i due giudici avrebbero commesso un errore anche nel ritenere ragionevole il verdetto della giuria. Infine la difesa sostiene che il cambiamento della legge in questione nel corso del tempo da quando si sarebbero effettuati gli abusi, hanno aumentato la difficoltà di provare le accuse di aggressione sessuale. Vengono poi citate anche incoerenze nella versione degli eventi da parte di una delle presunte vittime. La seconda delle vittime è morta di overdose di eroina nel 2014 e non ha mai accusato Pell di abusi.