400 giorni in carcere, da innocente, sostenuto però da una forza che va ben oltre la propria pur lodevole fede: questo racconta il Cardinal George Pell, prefetto emerito della Segreteria per l’Economia, 80 anni appena compiuti e liberato ormai un anno fa dalla sentenza finale dell’Alta Cotte in Australia. L’ex numero 3 del Vaticano è stato accusato dell’abonimevole reato di abuso di minori, incarcerato per 404 giorni ma ora nuovamente libero e testimone di quella forza “salvifica” sentita con lui nei mesi durissimi in cui tutto e tutti (quasi) lo avevano abbandonato.



Il cardinale si è sempre dichiarato innocente, definendo il reato di cui è stato accusato «un crimine orribile e intollerabile»: ora a Vatican News il Cardinal Pell racconta da vicino come sono stati quei giorni e in generale l’intero periodo di processi giudiziari e mediatici. In quel periodo ha tenuto un diario giornaliero (oggi divenuto un libro, “Diario di una prigionia”) nel quale si ritrova tanto la paura per un caso che sembrava ormai perso, quanto la fede in un destino buono che possa salvare anche quella circostanza così sfavorevole: «la fede e la preghiera sono state fondamentali, mi hanno aiutato a cambiare completamente la prospettiva di quei giorni di detenzione […]. Come cristiani noi sappiamo infatti che siamo stati redenti dalla passione e dalla morte del Figlio di Dio. Vivere questo insegnamento sul valore della sofferenza cambia davvero tutto, quando ci si trova in una situazione come la mia».



IL PERDONO E IL “CANCRO”

Il Cardinal Pell ha perdonato già da tempo i suoi accusatori anche se ammette non sia stato facile: «una volta presa la decisione di perdonare tutto è venuto poi di conseguenza. Per me poi non era così difficile perdonare la persona che mi ha accusato. Sapevo che era una persona che aveva sofferto e che si trovava in grande confusione e chissà cos’altro…». Difficile ma non impossibile credere nella Provvidenza e nel destino ultimo positivo anche da dietro le sbarre: un’esperienza che testimoniano tutti i giorni tanti detenuti sparsi nel mondo e che conferma lo stesso Cardinale australiano, «anche se qualche volta non capivo cosa la provvidenza di Dio stesse facendo. Ma ho sempre creduto che Dio stesse dietro a tutto ciò che mi stava accadendo». Riscoprire gli insegnamenti di Gesù attraverso il sacrificio e l’ingiustizia subita: Pell a “Vatican News” ricorda come sono le cose semplici che tengono ancorato una persona disperata e affranta per il destino in quel momento “avverso”, «la fede, il perdono, la redenzione della sofferenza. Di solito, quando si vive in carcere si è costretti a confrontarsi con i temi fondamentali della vita, le cose semplici e fondamentali. Questo è successo anche a me e devo dire che grazie a Dio sono sopravvissuto». Chiosa finale sul tema che ha portato Pell a divenire un “mostro mediatico” (salvo poi rimangiarsi tutto dopo l’emergere della verità): «la pedofilia è un tipo di cancro spirituale e morale. Mi pare che qui in Australia abbiamo lavorato seriamente per estirparlo, ma è un dovere per tutti i preti e tutti i vescovi del mondo fare sì che questi scandali non avvengano più».

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