«La Segreteria di Stato impedì i controlli finanziari. Becciu compreso». Un tempo si sarebbero definite “incendiarie” le interviste come quelle rilasciate oggi al “Corriere della Sera” dal Cardinale George Pell, ex Prefetto per l’Economia e da poco riemerso dall’inferno del carcere e dello “sputtanamento” mondiale per accuse (poi rivelatesi del tutto infondate) di abusi pedofili.
Fino a giugno 2017 il Cardinale australiano era uno degli uomini con maggior potere decisionale all’interno della Curia in Vaticano: prefetto della Segreteria per l’Economia, incaricato da Papa Francesco di rendere trasparenti le finanze vaticane. Saranno poi le accuse di pedofilia, il processo successivo in Australia e la condanna in primo grado e tredici mesi di carcere (con conseguente condanna “morale” dell’opinione pubblica che vedeva in Pell un colpevole senza se e senza ma) a condurre ai giorni più recenti: l’assoluzione definitiva, nel 2020, prosciolto all’unanimità dall’Alta Corte australiana. Ora vive in Vaticano e da lì il collega del “CorSera” Gian Guido Vecchi lo ha incontrato. «abbiamo introdotto la metodologia di controllo che oggi tutto il mondo utilizza. Abbiamo scoperto un miliardo e 300 mila euro qua e là negli uffici. Abbiamo preparato per la prima volta un budget prima dell’inizio dell’anno finanziario. Sono cose fondamentali», è il racconto fatto da Pell sull’importante lavoro proseguito fino al 2017, prima che gli scandali lo travolsero a livello mondiale.
LE ACCUSE E LE CRITICHE DEL CARDINAL PELL
Il passaggio forse più forte dell’intervista di Pell è quando mette nero su bianco le accuse contro chi si oppose a quei tentativi innovativi di controlli finanziari all’interno del Vaticano: «Anche il cardinale Becciu diceva che il Revisore dei conti non aveva autorità di entrare in Segreteria di Stato. Questo era assolutamente falso. Era scritto che il Revisore aveva autorità, anche noi avevamo l’autorità di controllare come Segreteria per l’Economia. Ma c’era sempre resistenza. Se il Revisore o noi avessimo potuto entrare prima, avremmo salvato tanto, tanti denari a Londra e in altri posti». In merito al processo ai danni del Cardinal Becciu, Pell si augura che possa condursi un procedimento giusto, rivendicando la possibilità di “salvare” il Vaticano dai “buchi milionari” degli scorsi anni, «alcune cose erano iniziate prima, ma in qualche altra situazione lo abbiamo fatto. Il Santo Padre mi ha detto: lei aveva detto tante cose giuste». La domanda diretta viene posta e Pell non si tira indietro dal rispondere per come la vede lui, con inevitabili conseguenze che potranno avere le seguenti parole: «in carcere perché incastrato? la crisi degli abusi sessuali è stata grande, sia per i crimini sia per il modo in cui i vescovi l’hanno trattata. E poi nel mondo anglosassone ci sono le “guerre culturali”, io sono un conservatore, l’opposizione più forte alla secolarizzazione viene da noi, e questo era un altro elemento di difficoltà… Alcuni parlano di una connessione possibile tra i problemi nel mondo delle finanze qui e i miei problemi in Australia, ma non abbiamo prove. Sappiamo che del denaro è andato dal Vaticano in Australia, due milioni e 230 mila dollari, ma finora nessuno ha spiegato perché». Il Cardinale non ha prove, e ha tutta la stima e l’appoggio di Papa Francesco («Mi aveva mandato un messaggio di incoraggiamento, sono stato molto grato di questo. Quando sono tornato, mi ha ricevuto e abbiamo parlato 40-45 minuti. Era molto simpatico»), eppure i dubbi restano sulla curia: «ho qualche domanda, che non ha risposta».