Il dialogo tra un Cardinale e un teologo – seppur spesso ai limiti della Dottrina Sociale della Chiesa – è quanto si trova nell’ultimo numero di “Sette” del ‘Corriere della Sera’: il Cardinal Gianfranco Ravasi viene intervistato da Vito Mancuso per illustrare i temi del suo ultimo libro “Biografia di Gesù” e non si risparmia su nessun argomento “delicato” che attraversa la Chiesa in questi tempi difficili di forte secolarizzazione.



«Gesù è una sorta di spugna, uno di quelli che riescono a filtrare e a comprendere percorsi diversi, un uomo molto sensibile alle atmosfere e perquisito capace di conoscere con precisione le tipologie fondamentali del suo mondo, entrando perà anche in polemica con esse, il che dimostra che era non solo ricettivo ma anche creativo»: così Ravasi illustra l’aspetto “culturale” del Figlio di Dio, esaltandone le “capacità eclettiche” e l’incarnazione di potere «respirare visioni diverse» contemporaneamente. Gesù non era uno «studioso» bensì un «interprete della vita», osserva Mancuso trovato il plauso del Cardinale, «è debitore del Battista di ci è giusto parlare come del suo mentore. Ma la grandezza del Battista si compie quando comprende che questo suo discepoli è diverso e più grande di lui».



LA CHIESA E LA CRISI DELLA FEDE

Secondo il Cardinal Ravasi uno dei più grandi segni di crisi della Chiesa oggi è la sostanziale mancanza di profeti: «voci forti come Turoldo, Balducci, Don Mazzolari, Don Milani, Arturo Paolo non ci sono più», anche se riconoscere come Papa Francesco rappresenti un unicum per i tempi moderni. «Pur con qualche parzialità di lettura rispetto alla complessità del reale», sostiene Ravasi su Bergoglio, «riesce ad essere incisivo e ascoltato. È quello che la gente si aspetta». Mancuso arriva a dire – confermando il suo essere tutt’altro che vicino all’ortodossia cristiana – che Gesù sbagliò nell’annunciare la venuta del Regno di Dio: Ravasi replica così, «Cristo usava un linguaggio apocalittico il quale giudica il presente ma insieme provoca il futuro, anche se si tratta non del futuro immediato ma del futuro assoluto, dell’eterno». Un Regno di Dio che è una categoria politica, ravvisa Sua Eminenza, «ma contiene una dimensione trascendente». Per la predicazione di Ravasi al giorno di oggi non vi si ravvisa più il “grande ateismo”, né la “grande profezia”: non c’è più uno scontro tra fedeli e atei, tra bianco e nero, «ma il colore che domina oggi è il grigio». Un’epoca in cui dominano «indifferenza, superficialità, banalità, una nebulosa grigia è la società contemporanea», denuncia il porporato, «quando devo organizzare i nostri dibattiti (di fede e scienza, ndr) faccio fatica a trovare grandi personalità credenti capaci di argomentare pubblicamente e grandi figure non credenti».

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