CRISI MEDIO ORIENTE, L’APPELLO DEL CARDINALE SAKO ALL’ISLAM SULLA LAICITÀ DEGLI STATI ARABI
Dopo l’esilio in Kurdistan per le indegne vessazioni subite dalla Chiesa Cattolica in Iraq, il patriarca caldeo cardinale Raphael Sako interviene con una lunga intervista sul “Domani” per lanciare un messaggio molto netto al mondo islamico in merito all’escalation di guerra in Medio Oriente. «Ci sono forti timori che il conflitto israelo-palestinese si allarghi a tutta la regione; le popolazioni sono preoccupazioni e anche i cristiani, non c’è più una cultura della pace in Medio Oriente»: per il cardinale apparso negli scorsi giorni in Vaticano per il Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità, nei vari Paesi del Medio Oriente prevale la tendenza di violenza, il tribalismo e il sentimento della vendetta. Insomma, l’esatto opposto della riconciliazione, del dialogo e del perdono così come concepisce la Chiesa di Gesù e così come viene ricordata nelle prossime ore dalla Giornata di preghiera per la pace invocata da Papa Francesco.
Il cardinale Sako parła con il dolore di chi assiste da anni comunità cristiane vessate e perseguitate dalla violenza fondamentalista sempre più legittimata dal potere statale dei vari Paesi musulmani vicino al Golfo: «la guerra tra Israele e Hamas è collegata a quanto avviene in Libano, Siria e Iraq», sottolinea ancora il capo della Chiesa caldea di Baghdad nel dialogo con i colleghi del “Domani”. Puntare tutto sulla soluzione dei due Stati – Israele e Palestina – è si l’unica vera “arma” in mano alla comunità internazionale, ma non può bastare: chi lavora a questi negoziati che possano soddisfare tutti, israeliani e palestinesi? Secondo Sako per poter dialogare occorre essere uniti, ma nessuna delle due parti lo sarebbe al momento: «le divisioni tra palestinesi di Gaza e Ramallah, tra Hamas e Autorità nazionale palestinese, ma chi li rappresenta?», così come in Israele «ci sono fondamentalisti che hanno le loro ambizioni». Occorre dunque capire bene come rispettare il diritto internazionale per tutti, ma sopratutto occorre iniziare ad intervenire sulle vere cause che in maniera profonda hanno portato il Medio Oriente all’inferno di oggi.
IL CORANO, L’AGGIORNAMENTO E IL DIALOGO PER LA PACE: COSA HA DETTO IL PATRIARCA CALDEO DELL’IRAQ
«Le milizie dominano in questi Paesi», denuncia il patriarca Sako al “Domani” nell’identificarli come reale minaccia ancora più della politica islamista, «hanno denaro (per finanziamenti dall’estero, dall’Iran al Qatar, ndr) oltre che armi, non rispettano i valori né religiosi né umani né morali, possono fare qualsiasi cosa». Ma è un altro il punto chiave affrontato dal cardinale iracheno nella sua analisi sulle radici dell’allarme fondamentalista: «in Medio Oriente bisogna separare la religione dallo stato, è importante costruire un regime civile, questo è un discorso fondamentale». Qui il cardinale Sako si “permette” un delicato ma interessante parallelo con quanto avvenuto nei secoli scorsi anche all’interno della Chiesa: «l’Islam deve fare un aggiornamento come ha fatto la chiesa cattolica».
Un aggiornamento, un ripensamento, una riflessione per capire quello che i cristiani hanno accettato (non senza pochi problemi, va ricordato) nel corso dei secoli in merito al messaggio contenuto nella Bibbia, specie nel Vecchio Testamento: «come noi cristiani cerchiamo il messaggio di Dio nella Bibbia, loro devono anche cercare di capire che messaggio c’è nel Corano per la gente di oggi, non per la gente di 1500 anni fa». L’allarme di Sako è molto serio e nel suo ragionamento torna al pericolo per le comunità cristiane in quei luoghi di guerra: «noi siamo le radici del cristianesimo, se non ci saranno più cristiani in Medio Oriente non ci saranno più radici e per questo è molto importante venire a visitare questi cristiani per vedere con loro cosa fare». Il patriarca caldeo non lesina critiche anche con gli stessi cristiani a cui costantemente anche Papa Francesco invita all’unità: «parlare con una voce sola sul piano politico e sociale, qui abbiamo molte chiese con tradizioni molto antiche, ma sono piccole chiese». Ci sono infatti caldei, cattolici, melchiti, maroniti, armeni, ortodossi, copti, assiri e tra tutti questi ogni tanto l’unità viene e mancare: per questo, conclude Sako, anche i cristiani sul piano pubblico «serve unità per farsi ascoltare e rispettare, la nostra unità è una testimonianza per gli altri».