Suscita clamore la notizia dell’arresto a Hong Kong del cardinale Joseph Zen, rilasciato 24 ore dopo su cauzione, probabilmente grazie all’intervento del Vaticano che aveva diffuso una nota di malcontento per il fermo. Non solo perché l’alto prelato è ormai in pensione dal 2009, ma anche per l’età, 90 anni. Insieme a lui le autorità hanno arrestato anche una ex parlamentare dell’opposizione e avvocato, Margaret Ng, e la cantante Denise Ho, una delle prime celebrità della città a dichiararsi gay. Denise Ho era già stata arrestata lo scorso dicembre quando la polizia aveva fatto irruzione nella sede di un giornale legato al movimento per la democrazia, ma grazie alla sua cittadinanza anche canadese venne rilasciata.
“È evidente, benché ormai sia impossibile qualunque forma di manifestazione pubblica del dissenso” ci ha detto in questa intervista Massimo Introvigne, sociologo e fondatore del Cesnur “che le autorità di Pechino hanno intenzione di fare tabula rasa di qualunque personalità legata all’opposizione. Questi arresti sono un evidente segnale dell’indurimento della repressione e di un pugno duro che non lascia più alcuna possibilità alla democrazia a cui era abituata la ex colonia inglese”.
Come mai questa serie di arresti a ciel sereno? E soprattutto che senso ha arrestare un cardinale in pensione di 90 anni?
La motivazione ufficiale è ovviamente ridicola e senza alcun significato concreto. Sarebbero stati incarcerati per la gestione del “612 Humanitarian Relief Fund”, che ha aiutato dal punto di vista legale, psicologico e medico migliaia di attivisti durante le manifestazioni del 2019, raccogliendo donazioni e distribuendo oltre 31 milioni di dollari in aiuti. Parlo al passato perché il Fondo è stato chiuso dalle autorità lo scorso ottobre.
Cosa avrebbero commesso le persone arrestate per motivare un arresto?
Da quanto si apprende dalle poche notizie che circolano, l’indagine è incentrata su una “collusione” del Fondo con forze straniere, cosa che sarebbe in violazione della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino nel 2020. In realtà il Fondo 612 non c’entra nulla, si tratta di colpire delle figure rappresentative dell’opposizione alla legge sulla sicurezza nazionale. Sono arresti scandalosi, un segnale di pugno duro.
Può essere che l’opposizione liberale negli ultimi tempi si fosse riorganizzata e le autorità abbiano voluto colpire prima che si estendesse?
L’opposizione a Hong Kong non è mai finita, però non si può manifestare pubblicamente altrimenti si viene immediatamente arrestati. Quello che questo episodio dimostra è che le autorità vogliono reprimere qualunque possibilità di protesta e dare un segnale di grande indurimento della repressione.
Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun si è ritirato dal 2009, oggi ha 90 anni, che pericolo rappresenta?
È noto innanzitutto per essere sempre stato il maggiore critico dell’accordo fra Vaticano e Pechino stipulato nel 2018 e rinnovato nel 2020, che aveva lo scopo di unificare le due Chiese esistenti in Cina, quella governativa e quella clandestina fedele al Vaticano. Zen Ze-kiun ha spesso usato toni molto forti e anche esasperati contro questo accordo, cosa che ha infastidito anche la Santa Sede. Il che non vuol dire che il suo arresto non sia qualcosa di scandaloso e profondamente ingiusto.
Questo concordato ha dato qualche frutto in tutti questi anni?
Direi di no, le persecuzioni contro i cattolici sono sempre continuate. Il problema è che il testo dell’accordo è stato completamente secretato da entrambe le parti, nessuno sa se Hong Kong è inclusa oppure no. Nella ex colonia inglese la Chiesa cattolica non era clandestina, era libera e pubblica, le nomine del clero venivano sempre effettuate dal Vaticano. Dopo questo fatto ci si può chiedere se non ci sarà una normalizzazione: i dati che ci arrivano dicono che c’è un tentativo di normalizzare anche la chiesa di Hong Kong.
(Paolo Vites)
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