“IL CARCERE È UNA CATTEDRALE DI DOLORE”: DOPO LA PORTA SANTA A REBIBBIA PARLA IL CARDINALE ZUPPI SULLA NECESSITÀ DI RIPORTARE SPERANZE OLTRE LE SBARRE
L’apertura della Porta Santa nel carcere di Rebibbia è stata voluta con forza da Papa Francesco tra i primissimi riti del Giubileo 2025 dedicato alla speranza: il cardinale Matteo Maria Zuppi, nella prefazione al libro “I volti della povertà in carcere”, spiega perché occorre ripartire (anche) dalle carceri per riscoprire la speranza cristiana incarnata dal Figlio di Dio che ai suoi discepoli attoniti disse “Ero in carcere e non mi avete visitato”. La prefazione dell’arcivescovo di Bologna, pubblicata oggi su “La Stampa” l’indomani dell’apertura della Porta Santa a Rebibbia, vede Zuppi cimentarsi nel complesso resoconto sulla situazione carceraria in Italia: 243 morti di cui 89 suicidi nel solo 2024, sovraffollamento ben oltre il 100% delle capacità delle singole carceri, drammi e storie che purtroppo raccontano di una situazione difficile in molti istituti del Paese.
Esempi virtuosi di contro ve ne sono e fanno ben comprendere come sia possibile ancora oggi puntare sul fattore umano-educativo per assolvere appieno il compito della Costituzione sul fronte detenuti, ovvero la rieducazione del condannato con umanità e dignità: il Card. Zuppi invita tutti a non giudicare né condannare chi già sta scontando pene per reati anche gravissimi. In carcere si va per incontrare e per ascoltare, prima di tutto: «serve vedere oltre il danno provocato», la dignità inizia dal fatto che il detenuto non è numero di matricola ma una persona. «Il carcere non può essere un inferno, ma il purgatorio», altrimenti non c’è futuro e non si alimenta alcuna speranza. Come ha detto il Papa aprendo la Porta Santa dentro Rebibbia, il carcere è una «cattedrale di dolore» a cui serve spalancare le porte della speranza: il cardinale Zuppi invita a camminare assieme ai fratelli che hanno sbagliato, con amore in quanto «ci fa riconoscere nell’altro la persona è che degna della nostra compassione».
“LA RIEDUCAZIONE DÀ VERA SICUREZZA”: LA PROPOSTA DEL PRESIDENTE CEI CONTRO IL DRAMMA DELLE CARCERI ITALIANE
Incontrando le varie storie raccontate dal libro di Matteo Pernaselci e Rossana Ruggiero, il Presidente della Chiesa Italiana non nasconde la gravità dei reati compiuti da chi è dietro le sbarre: Zuppi chiede però di fare un passo in più, lo stesso “incarnato” da Papa Francesco nella sua costante vicinanza ai detenuti incarcerati. Serve tornare a parlare di rieducazione e di pene, l’unica scelta non è affatto quella della «chiave buttata» per «farla pagare» a chi ha sbagliato. Questo non crea futuro e non crea nemmeno una maggiore sicurezza nella società, rileva ancora il Card. Zuppi nella sua prefazione.
«Servono pene alternative per rieducare, un carcere solo punitivo non è civile, umano e nemmeno italiano», nel senso che non risponde a quanto sottoscritto dalla Costituzione dove si parla appunto di pena rieducativa: per il Presidente dei vescovi italiani, la sicurezza di un Paese non è data dalle «famose chiavi da buttare» ma dal suo contrario, ovvero «dalla rieducazione» da affiancare alla sicurezza e certezza delle pene. Le pene alternative, conclude il Card. Zuppi, devono essere proporzionate e amministrate con saggezza, ma sono le uniche in grado di cambiare nel meglio la situazione drammatica in alcune carceri del nostro Paese: non si tratta di essere più «buonisti» ma semmai di riconoscere che «ognuno può essere diverso, riscattarsi dal passato e progettare un futuro di bene».