Il prossimo Papa sarà il cardinale filippino Luis Antonio Tagle? La domanda è forse prematura, dal momento che Papa Francesco è in buona salute e che in ogni caso in un’ottica di fede è lo Spirito Santo a decidere il nome del successore di San Pietro al soglio pontificio.

Tuttavia, il nome di Tagle, già arcivescovo di Manila e oggi presidente di Caritas Internationalis e prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, è uno di quelli più quotati nel caso in cui il Conclave optasse per un successore che agisse sulla stessa falsariga di Bergoglio, che è ciò che teme Antonio Socci, autore dell’articolo in cui si esaminano le possibilità del cardinale Tagle come prossimo Papa.



Socci fa un’analisi a tutto campo, in cui parte dalla corsa al Quirinale, che per volontà del PD sarebbe già ufficialmente aperta nonostante manchi ancora più di un anno e mezzo alla scadenza del mandato del presidente Sergio Mattarella. Il “partito sistema” punta sul consenso della Ue e degli altri governi occidentali, ma il quadro geopolitico è in subbuglio, dominato dallo scontro politico ed economico tra gli Usa e la Cina comunista. L’UE è ostile a Donald Trump e amica della Cina, l’Italia in modo particolare, con il suo governo di sinistra e un PD che è pur sempre l’erede del PCI. Se poi alle presidenziali americane vincesse Joe Biden, a Pechino e pure nel PD ne saranno felici, potendo contare sul favore sia di Pechino sia di Washington.



TAGLE, IL PUPILLO DI BERGOGLIO GRADITO ALLA CINA CONTRO TRUMP

In tutto questo secondo Socci si inserisce anche il futuro Conclave: Bergoglio “ha praticamente consegnato la Chiesa cinese al regime di Pechino”, per cui “l’attuale Vaticano è diventato uno degli alleati strategici di Xi Jinping“. Il cardinale Tagle vanta origini cinesi per via di madre ed è il ponte tra Vaticano e Pechino. Papa Francesco desidera visitare la Cina e “il regime gli farebbe ponti d’oro per rompere l’attuale isolamento internazionale”, ma la paura del Covid e la repressione a Hong Kong hanno finora bloccato “un troppo smaccato spot per il regime comunista”.



Washington ha fatto capire al Vaticano che un ulteriore sbilanciamento verso Pechino sarebbe interpretato come un vero e proprio “cambio di campo” e Bergoglio non vuole “bruciare” Tagle, che sarebbe il suo pupillo per la successione al soglio pontificio e deve dunque evitare di perdere i consensi dell’ala più “moderata” del Conclave, fra cui proprio i cardinali degli Usa.

Tagle, dal punto di vista di Socci, sarebbe “perfino peggio (se possibile)” di Papa Bergoglio. Gli “ingenui prelati americani” che erano cascati nel trabocchetto al Conclave del 2013 adesso però sarebbero più cauti e così il Vaticano si ritroverebbe ad essere una delle pedine della “guerra non convenzionale” Usa/Cina. La compiacenza dei media verso Pechino è uno dei segnali del fatto che per la Sinistra Usa e italiana, per il Vaticano e per la Ue, il Diavolo da combattere “è Trump, non la tirannia comunista cinese“.