Le indiscrezioni pubblicate in esclusiva da Il Tempo sugli intrecci tra il caso dossieraggi e il Vaticano, in particolare con lo “scandalo” Becciu trovano conferma nelle parole dello stesso cardinale, che ha deciso di parlare allo stesso giornale per fornire la sua ricostruzione dei fatti. Parte da quel 24 settembre 2020, giorno che gli ha cambiato la vita per sempre, perché è quello in cui Papa Francesco gli formulò l’accusa di peculato per i 100mila euro finiti dall’Obolo di San Pietro alla Caritas di Ozieri, la sua diocesi, puntando il dito anche contro il fratello Tonino, a capo della Cooperativa Spes.
“Caddi dalle nuvole e protestai la mia innocenza. Non volle sentire ragioni“, ha raccontato Becciu, che quindi ritenne inevitabile dimettersi da prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ma Bergoglio lo sollecitò a rinunciare anche alle prerogative cardinalizie. “Rimasi ancor più sconcertato“, ma non si oppose. Cominciò così quello che per il cardinale è un lungo calvario, che però non lo ha mai fatto desistere dal lottare per far uscire la verità.
“NON C’ENTRO NULLA COL PALAZZO DI LONDRA”
Becciu ha confermato che Papa Francesco aveva appreso dai magistrati vaticani che la Finanza italiana aveva scoperto la “manina” del fratello e si è chiesto anche lui chi siano quei finanzieri e come abbiano potuto controllare quel conto. A tal proposito, nell’intervista ha segnalato che la rogatoria per i controlli fu mandata dopo il 12 ottobre, non prima del 24 settembre, quando fu accusato. Peraltro, dopo aver parlato con il Santo Padre, contattò il fratello e il vescovo di Ozieri per capire di più in merito a quei 100mila euro, scoprendo che erano ancora presenti sul conto della Caritas, di conseguenza “non c’era alcuna appropriazione illecita, alcun uso personalistico“.
Eppure, subì una campagna mediatica “terribile e planetaria“. Il cardinale sostiene di essere stato “umiliato e diffamato“. Quella gogna riguardava anche la vicenda della compravendita del palazzo di Londra, nonostante non fosse stato accusato da Papa Francesco per quella questione. “Lo voglio dire una volta per sempre: il Papa ha escluso ogni mia responsabilità nelle vicende del palazzo. Non mi ha mai censurato per Londra, ma per il peculato dei 100mila euro inviati alla diocesi di Ozieri“, ha dichiarato a Il Tempo.
LE PRESSIONI E I MESSAGGI NEGATI
Il cardinale Becciu ha confessato una serie di stranezze sul caso del palazzo di Sloane Avenue, come quando due gendarmi gli consigliarono di ritirarsi in Sardegna per non rischiare il processo, salvo poi finire sotto accusa un paio di mesi dopo in virtù delle sue resistenze. Non ha ancora compreso il motivo per il quale sia stato condannato, ribadendo di non essersi appropriato di nessuna somma. Peraltro, ha fatto notare che monsignor Alberto Perlasca, che proponeva gli investimenti contestati, sia stato archiviato, mentre lui è stato ritenuto responsabile per aver accettato quelle proposte.
Alla fine, ha scoperto una fitta trama alle sue spalle, macchinazioni, ma per quanto riguarda il suo rapporto col pontefice, si sente come un figlio cacciato dal padre per delle false accuse. Per quanto riguarda il filo rosso tra la sua vicenda e il caso dossieraggi, Becciu si limita a dire di essere confuso, ma di avere fiducia nel lavoro della magistratura. Nel frattempo, porta avanti la sua battaglia per la verità. Ad esempio, ha citato i 126 messaggi WhatsApp mandati al promotore di giustizia per fare chiarezza sulla genesi dell’accusa e chi c’era dietro, ma a processo sono stati portati solo 6 messaggi, gli altri sono stati negati, coperti da omissis.
LA NUOVA VITA DI BECCIU
Dietro quei messaggi, aggiunge il cardinale Becciu, c’era Genoveffa Cifferri, che ha avuto incarichi nei servizi segreti italiani: nell’intervista ha aggiunto che proprio lei lo minacciò chiedendogli di intervenire col Santo Padre per aiutare l’amico monsignore che era indagato per vicende finanziarie, salvo poi dirgli che sarebbe stato destituito e che avrebbe avuto bisogno di un legale, nella convinzione che non avesse fatto nulla per aiutarlo. Comunque, sarebbe disponibile ad essere ascoltato dal procuratore Cantone per il caso Striano.
Nel frattempo, deve fare i conti con lo sconcerto per quello che sta emergendo: “Gente sconsiderata si sarebbe servita del Papa per chissà quali scopi. Inaudito!“. Ora aspetta l’Appello, restando sempre vicino a Dio, da cui trae forza per portare avanti la sua battaglia. Infatti, ha recuperato la dimensione sacerdotale: tre giorni a settimana si mette a disposizione per le confessioni in una chiesa di Roma. L’auspicio è che questa vicenda si concluda con la verità che viene a galla: “Io ho sempre servito la Chiesa e il Santo Padre con lealtà e devozione. Non mi rassegno. Finché vivrò, ho il dovere di urlare al mondo la mia innocenza“, ha concluso Becciu.