LA PACE E LA CHIESA: PARLA IL CARDINAL ZUPPI

«Pacifismo? Io resto affezionato a un’altra parola: disarmo. Quelli che hanno vissuto la guerra sanno cosa significa l’arma»: lo ha detto l’arcivescovo di Bologna, il Cardinale Matteo Maria Zuppi nella lunga intervista a Giorgio Cremaschi sui quotidiani del gruppo QN.



La Chiesa con Papa Francesco sta andando ben oltre il senso di una pace “vuota”, giocata a parole e che “flirta” con l’idea molto “extraparlamentare” di un pacifismo in realtà figlio di un forte anti-americanismo e anti-Nato. La Chiesa fa la Chiesa, il cui messaggio di Cristo da oltre 2000 anni è quella di perdono e pace: «per fare la pace basta fissarsi negli occhi. […] Con le armi sanno cosa provoca, le lacrime che provoca. È questo a cui bisogna pensare. Il bene e il male. E a quel male che può portare alla distruzione totale – prosegue l’arcivescovo in queste ultime settimane dato come potenziale “prossimo Papa” da diversi retroscena sui media nazionali -. Sembrerebbe logico, è logico. Dobbiamo pensare al disarmo, cominciando da noi eh, sia ben chiaro. Noi stessi siamo `armati´, anche senza avere armi». Dal Covid alla guerra, gli ultimi anni sono stati un enorme “schiaffo” all’Occidente e alle sue convinzioni: «la pandemia ha creato contrasti. Da una parte l’aggressività, la paura, l’isolamento, dall’altra parte il capire quanto è importante non stare isolati, non lasciare isolati, e quanto la paura può diventare una prigione». Ma tanto la pandemia quanto la guerra possono comunque «creare un motivo di cambiamento, di crescita, non un peggioramento. C’è il rischio di indurirsi, di maggiore chiusura, di maggiore aggressività, questo sì. È una sfida importantissima».



ZUPPI COME PROSSIMO PAPA? “IO SONO PIGRO…”

Come ben spiega il direttore del Quotidiano Nazionale, Michele Brambilla, l’uomo Matteo Zuppi, prima ancora del “prete” rappresenta per la comunità di Bologna un rapporto inscindibile con la realtà di tutti i giorni: «A un certo punto Giorgio gli ha chiesto se diventerà presidente dei vescovi italiani, come si vocifera, o addirittura papa, come molti prevedono. Zuppi ha risposto citando Biffi: un prete che vuol diventare vescovo, va ricoverato per problemi mentali; figuriamoci uno che volesse fare il papa. E sia. Ma una cosa è sicura. Se davvero Zuppi dovesse diventare papa (e tutti noi ne saremmo contenti) continuerebbe a essere un don Matteo seduto sui gradini», spiega Brambilla.



Nell’intervista infatti è stato chiesto al Cardinal Zuppi se per caso le voci su un suo “ruolo” prossimo al Conclave si avverassero, e la sua risposta rimane iconica: «io sono un pigro! […] Un prete è un buon compagno di strada». Chiosando l’intervista a QN, l’arcivescovo ricorda come il sacerdote sia «colui che rappresenta i sentimenti di Gesù, che rappresenta la gratuità di un mondo in cui tutto viene comprato o venduto, che rappresenta un amore senza interessi, e questa è la castità, una persona che mi aiuta a capire la dimensione spirituale della mia vita – conclude Zuppi – , e che quindi può essere un buon amico, un buon compagno di strada».