Franco Cardini non usa mezzi termini e definisce “miracolo” l’incendio nella Cattedrale di Nantes avvenuto ieri, così come lo era stato per il rogo di Notre Dame e così in parte come lo è stato per la recente disputa sulla ex Cattedrale di Santa Sofia a Istanbul. Lo storico e saggista nel suo editoriale sull’Avvenire non è affatto un provocatore o un “sostenitore” del probabile piromane che con tre inneschi ha messo a serio rischio la splendida Cattedrale cattolica di San Pietro e Paolo: «dobbiamo dirlo alto e forte e chiaro: sia resa lode a Dio. Non solo per ringraziarlo perché tutto poteva andare molto peggio, ma anche e soprattutto per quel che è successo subito dopo e sta accadendo ancora».
Un ragionamento “per assurdo” tutt’altro che banale che rivela come nella reazione attorno all’ennesimo incendio nelle cattedrali francesi di questi ultimi anni: l’Europa e il mondo intero ieri, nel pieno dell’emergenza Covid, si sono simbolicamente stretti attorno a Nantes per sperare in una soluzione migliore dell’incendio di Parigi e per sperare che la casa del Signore non crollasse sotto il peso delle fiamme. Questo per Cardini è una svolta incredibile: «ci ha comunque ricordato che, in un modo o nell’altro, essa è casa di Dio e della preghiera; e che in questo mondo che, “secolarizzato”, sembra aver finito col perdere ogni senso identitario, c’è sempre prima o poi una dimora divina che ci ricorda chi siamo».
CARDINI “IL MIRACOLO DELL’INCENDIO DI NANTES”
E così quel “miracolo” avvenuto ieri a Nantes ha da raccontarci molto più della semplice “cronaca” che pur resta importante per capire chi e perché abbia dato alle fiamme mezza Cattedrale di San Pietro e Paolo (fermato un volontario rifugiato africano e collaboratore della Diocesi, ma al momento le accuse restano vaghe): «Una chiesa, una cattedrale: non un palazzo del potere, non un parlamento, non una banca, non una fabbrica, non una stazione, non un aeroporto, non uno stadio, non caserma, non una clinica. Noi possiamo esserci anche “laicizzati” e magari perfino ateizzati: ma a ricordarci chi e che cosa siamo nel profondo riemerge sempre, prima o poi, una domus orationis», spiega ancora Cardini su Avvenire sottolineando come, al netto di ogni movente, il piromane ha in realtà già perso.
Secondo lo scrittore, proprio la reazione davanti alle fiamme di Nantes ha fatto riscoprire all’uomo contemporaneo che «senza cattedrali non si vive. Ci siamo accorti di quanto e fino a che punto siamo legati a coloro che le hanno edificate. Ci siamo resi conto del senso profondo di un’opera ciclopica. La cattedrale è un monumento alla follia: non a quella banale e insignificante di chi si è illuso di distruggerla, ma a quella santa e sublime di coloro che, edificandola, hanno inteso fondare un luogo calcolato esattamente perché, nei giorni di grande solennità, tutto il popolo di una città potesse trovarvi posto». Questo è il ritrovare il senso di comunità e famiglia che intendevano i maestri costruttori delle cattedrali nella fu gloriosa Europa cristiana: la Cattedrale di Nantes rinascerà e forse sarà ancora più bella, conclude Cardini, «C’interessa tornar a godere di quelle guglie, c’interessa tornar a pregare sotto quelle altissime volte: e là riscoprire noi stessi. Gloria a Dio nell’Alto dei Cieli e, sulla terra, pace agli uomini che non temono le fiamme».