La Legge di bilancio, già pubblicata in Gazzetta Ufficiale,  per il triennio 2021/2023  illude ancora una volta i caregivers, coloro che assistono  a casa un familiare disabile. Sono tanti, da un’ipotetica indagine in difetto almeno 500mila. È dal 2017 che la legge n. 205  riconosce la figura giuridica del caregiver familiare e istituisce un Fondo, che in tre anni arriva a 70 milioni di euro, per sostenere direttamente il valore sociale ed economico del lavoro di cura che svolgono, e che se non svolgessero ricadrebbe sullo Stato con costi ben più alti. In mancanza, però, di una legge che stabilisca formalmente chi sono i caregivers familiari, quei soldi non sono mai stati attribuiti. Congelati. 



Il secondo Premier Conte ha tenuto per sé la delega per le disabilità, togliendola al ministero del Lavoro, ma ha attribuito al ministro per la Famiglia, Elena Bonetti, quella per spendere i soldi del Fondo. Ma assieme alla collega del Lavoro, Nunzia Catalfo, hanno compiuto alcuni errori gravi: hanno individuato come destinatari di quei fondi i caregivers familiari di persone con “disabilità gravissime”, fattispecie discriminatoria e giuridicamente inesistente; hanno limitato il sostegno economico ai soli caregivers “di coloro che non hanno avuto accesso alle strutture residenziali a causa delle disposizioni normative emergenziali” oltre che di una non meglio precisata misura di “ricongiungimento”; hanno consegnato alla Conferenza Stato Regioni il Fondo “68,314662 milioni” ripartito tra le regioni affinché lo destinino probabilmente alle cooperative, non direttamente ai caregivers o comunque ancora peggio per la formazione(?) e dunque agli enti decotti.  



Dunque è lampante:  non si rispetta la legge del 2017, si sono sottratti 1,685339 milioni di euro che mancano all’appello e ora con la legge ultima di bilancio si rimette  presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, un altro(?) fondo, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. Aspettando sempre i decreti attuativi che non si sa quando arriveranno. Ancora. Con il comma  365 art. 1 viene previsto a favore delle madri disoccupate o mono-reddito facenti parte di nuclei familiari monoparentali con figli a carico aventi una disabilità riconosciuta in misura non inferiore al 60% un contributo mensile nella misura massima di 500 euro netti, per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. Però i 500 euro al mese è la “misura massima” su cui verranno poi indicate le modalità di graduazione di quell’importo, e il testo non prevede espressamente nessun limite di reddito. Non si riferisce nemmeno all’Isee, così come non precisa se vi siano incompatibilità con altre misure assistenziali (ad esempio, il Reddito di cittadinanza che dovrebbe già raggiungere questa platea). Ma i limiti ci saranno: è autorizzato un fondo di 5 milioni come la cifra massima destinata a questi interventi. Finiti i soldi non si erogano più contributi.



Altro problema è il limite al 60% di invalidità. I minori, salvo casi particolari, non vengono percentualizzati, come pure non vengono percentualizzati i ciechi e i sordi e quindi quella soglia non è individuabile. E poi l’equiparazione fra un’evidente “disoccupazione” e un vago “monoreddito” è ridicola: non tutti i poveri  sono monoreddito. E poi ancora: alle madri sì e ai padri no? Un vulnus costituzionale  e discriminante evidente.