Chiara Saraceno, sociologa esperta in tematiche familiari, ha commentato sul quotidiano La Stampa uno dei temi di grande attualità come quello della carenza di servizi per la prima infanzia e asili nido in Italia. Un problema che il governo dovrebbe affrontare, senza troppa retorica ma con fatti concreti. Soprattutto perchè, come sottolinea la professoressa, citando la Dichiarazione de La Hulpe sul “Futuro dell’Europa Sociale”, adottata lo scorso 16 aprile dalla Commissione Europea: “Nidi e scuole dell’infanzia costituiscono un tassello fondamentale del Pilastro sociale europeo“, e contribuiscono a conciliare la vita lavorativa con quella familiare delle madri. Inoltre, sono un punto di partenza importante per contrastare la povertà educativa, che in tutto il paese è purtroppo in aumento.
L’ultimo dossier dell’Istat infatti, mostra che la mancanza di queste strutture pubbliche, pesa principalmente sulle mamme, ma nel tempo contribuisce anche ad aumentare le disuguaglianze sociali. Aumentare l’impegno pubblico per questi servizi è una battaglia impegnativa per il governo italiano, perchè c’è una grande differenza territoriale sulla quale intervenire per colmare le lacune. In particolare per gli asili nido, che a differenza delle scuole d’infanzia non riescono ad accogliere tutti, e c’è posto solo per tre bambini su dieci tra pubblico e privato.
Carenze di educatori di asili nido in Italia, Chiara Saraceno: “Professione poco appetibile per stipendi troppo bassi”
Chiara Saraceno su La Stampa sottolinea come potrebbe agire il governo per implementare i servizi di prima infanzia e contrastare le differenze e la povertà educativa. Un obiettivo che fondamentalmente dovrebbe essere quello di aumentare i posti negli asili nido pubblici. Ma che continua ad essere difficile da raggiungere, non solo per mancanza di fondi da destinare ai Comuni, ma anche perchè mancherebbero poi gli educatori. Figure che sono ancora carenti in Italia, perchè non c’è una vera promozione del relativo corso di laurea triennale che poi dà accesso all’impiego.
E la causa primaria della carenza di iscrizioni al primo anno è che il trattamento economico dell’educatore, nella fascia che va da 0 a 6 anni non è abbastanza appetibile per i giovani. Stipendi troppo bassi, così come accade per molte altre professioni che riguardano la cura, che richiedono un grande impegno non solo psicologico ma anche fisico. L’appello dell’associazione Alleanza per l’Infanzia quindi è quello di: “assumersi la responsabilità nei confronti dei diritti dei più piccoli alla formazione e alle pari opportunità“.