La popolazione di Gaza è sempre più allo stremo. Nonostante le notizie dell’arrivo di camion per portare viveri e generi di prima necessità, gli aiuti risultano insufficienti e non si riesce a trovare nemmeno l’acqua. I morti aumentano, ci sono cadaveri abbandonati per le strade. Una situazione sempre più drammatica, racconta padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, simile a quella della Cisgiordania, dove ci sono campi profughi come quello di Nur Shams che sono stati distrutti. Come succede a Gaza.



Uno scenario che impedisce di immaginare il ritorno delle persone nei loro luoghi di origine: qualcuno parla di ricostruzione in venti anni, ma potrebbero non bastare. Il pericolo è che si ripeta una situazione come quella della Siria, dove interi villaggi sono stati distrutti, niente è stato ricostruito e la gente pensa solo ad andarsene. E tanti anche da Betlemme sono già andati via.



Secondo alcuni esperti indipendenti dell’ONU nella Striscia si può già parlare di carestia. È così?

Si può parlare di carestia perché mancano i beni essenziali. La situazione è peggiorata a Gaza, manca anche l’acqua, perché hanno distrutto tutte le infrastrutture per distribuirla. Per non parlare del gasolio, che non si trova. Credo proprio che si possa parlare di carestia perché gli aiuti sono insufficienti, manca tutto, non ci sono posti sicuri, la gente sta malissimo. Si diffondono malattie che sarebbero curabili se gli ospedali non fossero distrutti. Nessuno può uscire o entrare. Rafah è chiuso, il valico è stato distrutto e da lì entravano gli aiuti.



Secondo l’esercito israeliano in queste ore è stato autorizzato l’ingresso di 261 camion da Kerem Shalom ed Erez, oltre al lancio tramite paracadute di 5,5 tonnellate di aiuti. Ma com’è veramente la situazione?

La verità è che la gente muore ancora di fame e di sete, non arriva molto. Anche il numero dei morti continua a salire. L’ultimo bilancio ufficiale parla di quasi 39mila morti, ma la realtà è che sono molti più di questi: sotto le macerie ci sono ancora tantissimi corpi. I numeri sono spaventosi. Ci sono morti anche per le strade, hanno appena dato la notizia di 30 morti in conseguenza dei bombardamenti e i cadaveri sono stati abbandonati sulla strada. Sono le conseguenze di una guerra atroce che colpisce soprattutto i deboli e gli indifesi. Dovrebbero entrare gli aiuti per i sopravvissuti, ma soprattutto dovrebbe cessare il fuoco per porre fine a questa tragedia umanitaria.

Al Jazeera riferisce che ci sarebbero addirittura dei cecchini israeliani che sparano sui civili in fuga.

Le notizie e le testimonianze si susseguono: ogni genere di violenza e di sofferenza colpisce. A Gaza la situazione è terribile perché non esiste più un riparo per quella povera gente. Scuole, luoghi di culto, ospedali non sono luoghi sicuri dove la gente si può rifugiare. Anche in Cisgiordania ogni giorno ci sono scontri, ci sono arresti (dal 7 ottobre sono quasi 9mila), morti, feriti. A Tulkarem, nel campo profughi di Nur Shams, è distrutto tutto e come a Gaza sono i deboli e gli indifesi a stare male e a morire.

Anche nel quartiere Shujayea di Gaza viene segnalata la distruzione, oltre alle case, di tutti gli edifici pubblici: scuole, poste, cliniche. La strategia è di distruggere tutto quello che c’è?

Sono state bombardate le scuole dove i profughi hanno trovato rifugio. Sono tante le immagini di ragazzi e di bambini che giocavano e che subito dopo sono dovuti scappare, lasciando luoghi che li avevano accolti fino ad allora. Le donne, gli anziani, i disabili sono le altre vittime innocenti. Chi è sopravvissuto sta subendo sofferenze e privazioni da più di nove mesi: senza casa, senza cibo, senza acqua e con tutte le difficoltà del freddo, del caldo, della guerra.

Radono al suolo tutto, è abbastanza evidente che non vogliono che la gente ritorni nei luoghi dove abitava?

Penso ci vorranno anni prima della ricostruzione, che dovrebbe iniziare quando questa terribile guerra sarà finita. Prego e spero che accada al più presto, ma la gente ha perso la speranza, vuole andarsene. Da Gaza è impossibile fuggire. Molte famiglie, soprattutto cristiane, hanno lasciato la zona di Betlemme, almeno 70 famiglie sono riuscite ad andare in altre nazioni. Le persone vogliono andarsene anche da Gerusalemme. Dal 7 ottobre quasi tutta la gente di Betlemme non lavora, perché non ci sono pellegrini, e le persone che avevano il permesso per andare in Israele ora non ce l’hanno più. Tantissimi sono rimasti senza lavoro, la gente è disperata e nessuno li aiuta, solo la Chiesa riesce con difficoltà a dare sostegno e aiuto concreto. L’ANP non ha nemmeno la possibilità di pagare gli impiegati del governo e i servizi essenziali.

Dove sono andate le famiglie che hanno deciso di trasferirsi?

In Cile, Honduras, Salvador. Sono nazioni in cui sono già presenti comunità di palestinesi, soprattutto di Betlemme. Sicuramente avranno possibilità di vivere meglio e in sicurezza, ma viene sradicata la presenza cristiana nei Luoghi Santi.

Una situazione di cui la stampa internazionale parla abbastanza poco, tutta concentrata sulle questioni politiche e sulle trattative che sono riprese: nonostante tutto non si tiene abbastanza conto degli effetti della guerra sulla popolazione?

Sono appena stato in Siria e ho visto città e villaggi distrutti dal 2011. Come è successo e sta succedendo a Gaza. La gente in Siria non è più tornata. Non c’è gente per strada ed è uno scenario triste, senza vita. Otto milioni sono andati via e 1,3 milioni di persone sono morte in più di tredici anni di guerra. Ad Aleppo c’erano 200 mila cristiani, adesso sono meno di 25 mila. Tutti vogliono andarsene. La gente mi chiedeva di aiutarla a uscire dal Paese perché sta malissimo. Ma chi parla di questa situazione? Una guerra dimenticata, ma la gente soffre in una maniera incredibile. Le stesse immagini della Striscia le vediamo in Siria. Sulla strada da Damasco ad Aleppo tutti i villaggi sono distrutti, non si vede una macchina perché non c’è benzina. Le auto ci sono, ma solo nelle città. Un Paese senza popolo. E nessuno ne parla. Una situazione drammatica, dimenticata da tutti: ho paura che anche Gaza sarà così se non si fermano le armi e non si arriva ad una pace vera.

La prospettiva di una ricostruzione della Striscia è comunque molto difficile?

Dicono che ci vorranno vent’anni. Secondo me ci vorrà molto più tempo. Cosa farà la gente? Quante volte l’hanno spostata da Khan Younis a Gaza city ad altri posti ancora? Sono tornato dalla Siria molto triste per la situazione della gente. Ora si parla di una possibilità di fermare questa guerra fratricida: speriamo che trovino un’intesa, la gente prega per questo. Anche in Qatar si sta trattando per un cessate il fuoco a Gaza: tutti sperano, tutti pregano per un accordo. Dobbiamo insistere nella preghiera perché le coscienze e le menti vengano illuminate dal desiderio di pace.

(Paolo Rossetti)

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