A prima vista non è stato sorprendente che la leader del Pd Elly Schlein abbia immediatamente denunciato gli scontri fra poliziotti e manifestanti pro-palestinesi a Pisa. La “repressione dello Stato di polizia” contro gli “studenti in marcia e in lotta” è un format senza tempo per la sinistra “antifascista”, soprattutto quella giovanile e libertaria incarnata da Schlein. Ma ogni striscione e ogni manganello si ritrovano inesorabilmente calati, di volta in volta, in uno specifico e sempre differente “contesto”.



L’espressione è stata usata davanti al Congresso di Washington dall’ormai ex presidente “rosa afro” della Harvard University, Pauline Gay, per difendere gli studenti dell’ateneo di Boston che lo scorso dicembre protestavano – come quelli di Pisa ieri – contro la controffensiva israeliana a Gaza. A Capodanno, Gay è stata cacciata nell’arco di una notte su pressione estrema dei grandi donatori di Harvard, soprattutto israeliti. È stata sostituita ad interim da un docente israelita, che ora sta spingendo l’adozione di provvedimenti disciplinari contro studenti e docenti “colpevoli di antisemitismo” per la solidarietà con i palestinesi e la contestazione al governo Netanyahu. Misure di “repressione disciplinare” verso alcuni studenti anti-israeliani sono intanto già state adottate al MIT – stesso prestigio di Harvard, a un miglio di distanza – dalla presidente (israelita) Sally Kornbluth. Ed è un ambiente, quello delle grandi università della East Coast statunitense, che Schlein conosce benissimo: ha passaporto americano ed è figlia di un politologo (israelita) formatosi alla Rutgens University, nel New Jersey. Ma su questi specifici “scontri” sul filo della crisi mediorientale dalla segretaria dem non è mai stato dato di udire una sola parola: né di assenso, né di dissenso.



Il “contesto principale” resta però quello delle piazze di Tel Aviv e Gerusalemme, dove i familiari degli ostaggi di Hamas protestano ininterrottamente contro un governo che ha finora lasciato al loro destino centinaia di ostaggi in nome di una “operazione militare speciale” a Gaza. Assieme a quei familiari, sono in manifestazione permanente migliaia di israeliani che hanno cominciato a marciare contro “Bibi” e il suo gabinetto di destra ben prima del 7 ottobre: per denunciare un sostanziale tentativo di svolta autoritaria nel Paese, attraverso limitazioni all’autonomia della magistratura.



Parenti degli ostaggi e contestatori assortiti sono stati vittime ripetute di manganellate delle forze israeliane di sicurezza interna, agli ordini del ministro Itamar Ben Givr, fra i più estremisti nel governo Netanyahu. Il leader di Hayl – partito di estrema destra nazionalista e religiosa – è fra l’altro uno degli ispiratori di un progetto di legge mirante a punire col carcere chi pubblicamente “sminuisca i fatti del 7 ottobre” oppure “manifesti simpatia per Hamas”. Ben Givr a Pisa avrebbe avuto poche esitazioni: quegli studenti non si sarebbero dovuti solo “disperdere”, ma se necessario anche arrestare e processare. La piazza avrebbe dovuto essere semmai libera per manifestanti solidali con i coloni che continuano ad occupare i Territori (ora – prevedibilmente – anche quelli di Gaza, sgomberati militarmente da quasi 2 milioni di residenti palestinesi). Ma neppure su questo la leader del Pd si è mai pronunciata. La senatrice a vita Liliana Segre, almeno, ha detto di “non rispondere dell’azione del governo israeliano” nella sua testimonianza della Memoria della Shoah.

In una democrazia come rimane quella italiana, Schlein può vantare ogni pretesa legittima che le forze dell’ordine rispettino l’articolo 17 della Costituzione repubblicana, per il quale “ I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi”. Ma un’onestà intellettuale e politica minima le imporrebbe di dichiarare la sua condivisione di merito – oppure no – della protesta degli studenti di Pisa. Con un coraggio che finora le è invece sempre mancato: a differenza perfino del principe William d’Inghilterra, che per dichiarare la sua solidarietà alla popolazione di Gaza ha sfidato un principio ferreo di una secolare costituzione non scritta.

Una telefonata di preoccupazione – tardiva e sostanzialmente pilatesca – alla premier Giorgia Meloni non può bastare per la leader nazionale del Pd alla vigilia delle elezioni europee. Una premier in carica con la fiducia del suo parlamento ha visitato Netanyahu a Gerusalemme pochi giorni dopo il 7 ottobre, come hanno fatto tutti i grandi leader Ue. E oggi Meloni è allineata sulla posizione “occidentale” (Usa, Gran Bretagna e Ue) che chiede un cessate il fuoco al più presto e la soluzione “due Stati”, respinta da Gerusalemme. In 140 giorni, invece, la “premier ombra” non ha mai espresso un punto di vista puntuale e trasparente sulla crisi mediorientale  (non l’ha fatto in tempi e modi politicamente credibili neppure sugli sviluppi della crisi russo-ucraina).

Schlein sta con Ghali che teme un “genocidio” a Gaza? O sta con Eden Golan, la cantante israeliana iscritta al prossimo Eurovision con October Rain, canzone-denuncia dell’attacco di Hamas? Cosa pensa la leader Pd delle controffensive mediatiche degli ambasciatori israeliani a Roma e in Vaticano (quest’ultimo ad alzo zero contro il segretario di Stato cardinale Parolin)? Schlein ha il dovere politico di dirlo nel momento in cui sente quello di contestare il governo per i fatti di Pisa.

In parallelo, appare ogni giorno più arduo, per molti opinionisti, continuare a vergare column a sostegno di Netanyahu sui media “antifascisti”, da sempre vicini agli “studenti in lotta”. Sono spesso gli stessi commentatori e media impegnati a giorni dispari a condurre una “crociata democratica” a favore del presidente Usa uscente Joe Biden, contro il possibile ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. Nei giorni pari si ritrovano ad appoggiare in Israele uno storico sodale di Trump, nonché uno storico avversario di Biden (ed è inverosimile che non ne siano consapevoli).

Intanto, il nuovo “piano Netanyahu” per il “dopoguerra” a Gaza non è altro che la riproposizione degli unilaterali “accordi di Abramo” regalati da Trump al premier israeliano quattro anni fa. Prevedevano l’annessione del 70% dei Territori nello “Stato ebraico”. Gli studenti di Pisa sono chiaramente contrari (e con loro – in parte – il governo italiano e la Ue). Ma la leader del Pd?

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