Si è autotradotto il nome e il cognome, magari con google translator e oplà il gioco è fatto: Carlo Luigi Coraggio è diventato Carl Brave. Romano, nato nel 1989, durante l’adolescenza inizia a scrivere i primi versi rap, ma a impegnarlo maggiormente è il basket, che pratica dagli 11 ai 22 anni vestendo le maglie di Agricola Gloria Montecatini, Itop Palestrina, Marconi e Vigna Pia arrivando fino alla serie B. Successivamente abbandona la carriera di cestista e sceglie quella musicale, frequentando il SAE Institute di Milano e diventando anche produttore. Nel 2012 pubblica Sempre peggio vol. 1 la Molto Peggio Crew, esordisce da solista nel 2014 con Brave EP e, nello stesso periodo, forma con il rapper Enpashishi’ il duo elettro-rap Wankers, con cui, nel 2015, pubblica l’EP Where’s Joe Wanker?. Contemporaneamente è tra i fondatori del collettivo Guasconi. Insieme a Franco126 prepara un disco solista ma che non uscirà mai, Fase Rem. I due danno vita a un progetto 9insieme con cui pubblicano Polaroid e quindi nel 2017 Barceloneta insieme a Coez. Nel 2018 intraprende la carriera solista e pubblica il suo primo singolo, Fotografia, con Francesca Michielin e il rapper Fabri Fibra, estratto dal suo primo album da solista Notti brave, in cui sono contenute altre collaborazioni come Camel blu, con Giorgio Poi, Chapeau, con Frah Quintale e Parco Gondar, con Coez. Incide anche un duetto con Francesca Michelin e Fabi Fibra, Fotografia.

AUTOTUNE E ALCOL

Della sua tecnica musicale dice l’autotune gli piace molto: “rispetto al trapper classico, che ha l’autotune sparato, io lo sto alleggerendo man mano che va avanti. Non so se me ne libererò mai, forse sì. Mi piace ancora, quindi lo tengo. Mi piace il fatto che esalta le medie frequenze della voce, comprime. Mi piace la mia voce mixata in un certo modo, a me piace notturna. Poi questo è un disco che si presta bene all’after. Io scrivo quasi sempre di notte e si chiama così anche perché temporalmente si colloca dopo Notti Brave. È un sequel, come mood. È un “parte seconda”, non repack. È tutto nuovo, scritto da maggio di quest’anno”, ha detto a Rolling Stone. Noto come forte bevitore, dice di bere un po’ di vodka prima dei concerti per darsi coraggio, ma adesso si sta dando una regolata: “Se diciamo che sono live allora bevo, per quanto non l’abbia fatto negli ultimi più acustici, più intimi. Abbiamo provato a casa, sul divano, tutti vicini, quindi non ti viene nemmeno di bere. Gli altri tour più grossi invece sono diversi. Entri sul palco e hai davanti a te 5 mila persone, addirittura 15 mila come al Rock In Roma. E allora lì impazzisci, sei scatenato. Solo un paio di volte mi è capitato di rendermi conto di essere davvero sbronzo. Sai, verso la terzultima, penultima canzone. Arrivavo a Pellaria e mi sentivo biascicare. L’alcol sul palco non lo senti perché sei mega adrenalinico. Io fino a qualche tempo fa mi finivo quasi una boccia di Belvedere da solo, durante il live. E non ero neanche sbronzo, forse un po’ biascicone. Se bevo lo stesso fuori dal palco muoio. Perché fuori dal palco non c’è adrenalina che contrasti l’alcol. Comunque ho diminuito di molto anche nei live: cazzo una bottiglia è tanto. Più vado avanti e più è dura”.

CARL BRAVE E “LE SPUNTE BLU”

Uno dei suoi pezzi più noti e divertenti si intitola Spunte blu, che sono quelle che appaiono su Whatasapp per far capire che il messaggio è stato letto. La gente va in paranoia, racconta, si alza alle sei di mattina per controllare: “nel pezzo lo dico “Lo puoi pure levare spunte blu ma tanto che sei online si vede”. Quindi alla fine che senso ha? Anche mia madre, se non vede le spunte impazzisce. Sei carcerato delle spunte blu, ma lo siamo proprio come generazione. Guarda già solo alla dipendenza da social e da telefono, ognuno fa vedere i cazzi suoi. Guarda il Grande Fratello, ora c’è pure quello VIP ma comunque non se lo cagano più, perché è stato sostituito dalle stories di Instagram. Farsi i fatti degli altri è molto più interessante così”, ha spiegato a Rolling Stone.