Si è spenta a 84 anni la musa tersicorea del balletto italiano, l’étoile dall’impareggiabile grazia e leggiadria il cui nome, Carla Fracci, risulta un tutt’uno con Giselle.

Nata a Milano il 20 agosto 1936, figlia del tranviere dell’ ATM Luigi Fracci e dell’operaia Rocca Santina, Carla iniziò lo studio della danza classica nel 1946, dopo aver superato l’audizione alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala. A tal proposito, nel 2017 raccontò: “A differenza di tante altre bambine, io non ho mai realmente sognato di fare la ballerina. Sono nata poco prima della guerra, poi fummo sfollati a Gazzolo degli Ippoliti, in provincia di Mantova, quindi a Cremona. Papà lo credevamo disperso in Russia. Io giocavo con le oche, ci si scaldava nella stalla. Non sapevo cosa fosse un giocattolo, al massimo la nonna mi cuciva bamboline di pezza. Progettavo di fare la parrucchiera, anche quando, dopo la guerra, ci trasferimmo in una casa popolare a Milano, quattro persone in due stanze. Però sapevo ballare e così allietavo tutti al dopolavoro ferroviario, dove mi portava papà. Fu un’amica dei miei che li convinse a portarmi all’esame di ammissione alla scuola di ballo della Scala. E mi presero solo per il bel faccino, perché ero nel gruppo di quelle in forse, da rivedere”.



Fu dunque grazie a un’amica di famiglia, la quale rimase colpita dagli accenni danzati della piccola Carla nel salone del dopolavoro del padre, che la giovane milanese poté entrare – per poi non uscirne mai del tutto – nell’incantato quanto arduo mondo della danza classica. Da ragazzina definita “da rivedere”, di costituzione estremamente esile e dalle caviglie troppo deboli, come raccontò dettagliatamente nella sua autobiografia Passo dopo passo (Mondadori editore, 2013), Carla Fracci divenne già a 12 anni oggetto di attenzione da parte delle insegnanti Vera Valkova, Edda Martignoni, Paolina Giussani, le quali permisero all’aspirante ballerina di prendere parte, come comparsa, alla produzione del balletto La Bella addormentata il cui ruolo di Aurora, in quell’occasione, venne riservato alla leggendaria Margot Fonteyn.



Iniziò dunque un periodo di sempre crescente fatica e di lavoro estenuante, scandito a sua volta da sacrifici che solo una passione viscerale e un amore infuocato per l’arte della danza possono giustificare. Sbarra, plié, grand plié, tendu, jeté e rond de jambe rappresentavano le parole d’ordine di quei lunghi e fisicamente dolorosi anni, fino a giungere al tanto atteso diploma scaligero nel 1954, diploma che le permise poi di entrare nel Corpo di ballo del Teatro alla Scala un anno dopo. 

Il 1955 rappresentò invece un momento di svolta nella vita della giovane ballerina: Carla Fracci si ritrovò infatti a sostituire la celebre étoile francese Violette Verdy nel ruolo di Cenerentola, balletto su musiche di Prokofiev. La promozione a Prima ballerina, a questo punto divenuta inevitabile, non si fece attendere e una volta ottenuta, nel 1958, marchiò a fuoco l’inizio della carriera internazionale della ballerina italiana che avrebbe affascinato e commosso le platee dei più illustri templi della danza.



Sempre nel 1958, il coreografo John Cranko la volle come Giulietta nella propria produzione del romantico balletto tratto dalla tragedia di Shakespeare e nel 1959 la giovane poté finalmente debuttare con il London Festival Ballet (l’attuale English National Ballet) nei panni di Giselle, giovane contadina innamorata, la cui interpretazione divenne per la Fracci un vero e proprio manifesto di eccellenza artistica, nonché simbolo di eleganza e delicatezza eterea quanto tenace. Il ruolo di Giselle, ricoperto magistralmente dalla prima ballerina, vide la resa mozzafiato della pazzia e della morte della giovane innamorata, del tormento di un amore tradito, dell’ineffabile esecuzione delle tecnicamente complesse variazioni del primo e del secondo atto, del passaggio da una Giselle ingenua vittima di tradimento a una Giselle dell’aldilà pronta a difendere e salvare il suo amato dalle Villi e quindi dalla morte.

Con Eric Bruhn formò una delle coppie più acclamate e apprezzate del mondo della danza, ma Carla Fracci brillò anche al fianco di Rudolf Nureyev, del quale disse: “Il nostro rapporto era fra due competizioni che stavano per scrivere il futuro della danza. Quella morale e quella stilistica”. E ancora, ballò con l’impeccabile Mikhail Baryshnikov e con l’immenso Vladimir Vasiliev, con Henning Kronstam, con gli italiani Amedeo Amodio e Paolo Bortoluzzi e molti altri. Calcò con precisione, generosità e nobile portamento i palchi del Royal Ballet, dello Stuttgart Ballet, del Royal Swedish Ballet e  dell’American Ballet Theatre.

Modello di generazioni intere di ballerine, ammirata con riverenza notevole dalle più importanti étoiles del panorama ballettistico attuale, esempio di pathos e di port de bras celestiale, la Fracci ha donato la sua anima a Giselle, in chiavi sempre nuove e mai ripetitive, ma ha anche regalato il proprio stile distintivamente romantico ad altri molteplici ruoli dai nomi evocativi quali Odette/Odile, La SylphideGiuliettaSwanildaFrancesca da Rimini e Medea.

L’étoile mondiale Svetlana Zakharova, stella del Bolshoj di Mosca e prima ballerina del Teatro alla Scala, in un’intervista rilasciata a Elisabetta Testa arrivò a confessare di considerare Carla Fracci il suo punto di riferimento, assieme alla ballerina russa Galina Ulanova. Svetlana Zakharova, infatti, descrisse l’iconica Fracci come “una ballerina molto bella, intensa, in palcoscenico non si riusciva a staccarle gli occhi di dosso”.

Bellezza – dunque – ma anche carattere tenace, perfezionismo, arte ed emozioni probabilmente richiamanti una dimensione tanto umana quanto elevata: questo e tanto altro il mondo della danza avrà il compito di serbare per sempre nei propri teatri. In memoria di una vera e propria stella del balletto italiano e mondiale, il cui corpo intriso di cuore e di arte ha saputo segnare indelebilmente la più sublime ed eterea delle discipline.

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