Sono tante, ancora oggi, le zone d’ombra che caratterizzano la scomparsa di Carlo Alberto dalla Chiesa, questa sera protagonista su Canale 5 della miniserie Il generale dalla Chiesa. La denuncia della figlia Rita suona forte e chiara: “c’è qualcosa di strano” in tutto quello che è successo, nel ‘prima’ e anche nel ‘dopo’ la morte di suo padre. Nell’intervista rilasciata due giorni fa a Il Giornale Off, la nota giornalista e conduttrice televisiva elenca tutta la serie di ‘misteri’ che aleggerebbero intorno all’assassinio. In primis, i documenti spariti; poi, la scrivania completamente sgombra di carte, quando lui era solito tenerla sempre piena di cose. “Quella sera non c’era un foglio”, ricorda Rita, “era perfettamente pulita”. Infine, c’è la frase pronunciata dal loro rappresentante che non contribuì certo a rasserenare lei e la sua famiglia: “Quando mio zio, fratello di mio padre, disse al procuratore ‘dovete farci capire cosa sia successo’ lui gli rispose ‘non mi gioco di certo le ferie per questo omicidio’…”. (agg. di Rossella Pastore)
DALLA CHIESA “COMBATTENTE DI STRADA”
Un mese prima che venisse ucciso a colpi di Ak-47 in via Isidoro Carini con la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, nell’agosto 1982, l’allora prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa fece sequestrare quintali di pane abusivamente prodotto. Una decisione che scatenò non poche polemiche da parte di chi sosteneva che la mafia la si combatte nelle banche. Lui però la combatteva in strada, tra gli abusivi. E sempre per la sua decisione di istituire posti di blocco fu travolto dalle critiche, come rammenta Repubblica. Eppure, il giorno della sua uccisione, non ne fu istituito neppure uno e tornò ad essere sfornato il pane abusivamente. Carlo Alberto Dalla Chiesa era “ossessionato” dalla strada perché sapeva bene dove si annidava la mafia. Ma proprio questo diede luogo all’omicidio politico italiano più eclatante di sempre dopo quello di Aldo Moro. Dalla Chiesa aveva deciso di combattere la mafia strada per strada, scippando ai boss pezzi del “regno”. Un vero e proprio oltraggio, ai loro occhi, al punto da fargli incontrare la morte proprio nelle medesime strade che lui voleva liberare. Intanto, nell’anniversario della morte che ricorre domani, a Palermo non ci sarà nessuno dei suoi figli. A confermarlo all’Adnkronos è stato il figlio Nando che ha commentato: “Io, purtroppo, non potrò esserci perché sono bloccato a Milano dove stanno per iniziare le lezioni all’università, mia sorella Rita sarà a Roma e mia sorella Simona a Catanzaro”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
COM’È MORTO IL GENERALE E I MOTIVI DELL’AGGUATO DEL 1982
Oggi 3 settembre sono trascorsi esattamente 38 anni dalla morte di Carlo Alberto dalla Chiesa, il generale e prefetto di Palermo ucciso da Cosa Nostra in quel di Palermo in quella che è ricordata come la strage di Via Carini: e per omaggiare la figura del padre di Rita, questa sera Canale 5 dedica la sua programmazione, a partire dalle ore 21.25, alla fiction “Il Generale Dalla Chiesa”, perla regia di Giorgio Capitani e che vede Giancarlo Giannini nei panni di uno dei martiri della lotta alla mafia. In quella che in origine era una miniserie in due puntate, l’oggi 78enne attore e regista di La Spezia ripercorre gli ultimi 8 anni della vita di un uomo che da giovane aveva pure partecipato alla Resistenza: e attraverso i suoi occhi vengono ripercorse alcune tappe importanti della storia d’Italia, a partire dagli anni di piombo con lo stesso Dalla Chiesa lavorò a Torino nel periodo di maggior tensione a causa del terrorismo, fino al 1982 quando fu nominato prefetto di Palermo per cominciare una nuova battaglia, questa volta contro la Mafia che gli giurò vendetta e ne annunciò la morte, con una telefonata anonima fatta forse dal boss Filippo Marchese, ai Carabinieri del capoluogo siciliano e che si ricollega ai motivi per cui fu deciso l’attentato. L’interpretazione di Giannini restituirà non solo il Dalla Chiesa pubblico ma pure quello privato, tra gli affetti e il legame con quella famiglia a cui fu strappato.
CARLO ALBERTO DALLA CHIESA, ‘MARTIRE LAICO’ DELLA LOTTA ALLA MAFIA
Parlando in alcune interviste del complesso personaggio che doveva portare sullo schermo, Giancarlo Giannini non ha usato mezzi termini, spiegando anche di non aver di fatto avuto esitazioni nel momento in cui dalla produzione guidata da Capitani gli era stato proposto questo prestigioso ruolo: “Di fronte a personaggi eroici del genere non si può dire di no” aveva detto il diretto interessato che sul piccolo schermo aveva pure vestito i panni del giudice Borsellino. “Mi auguro che questo film lasci la testimonianza che esistono persone come Dalla Chiesa, che fanno il proprio dovere con un alto senso dello Stato: lui è uno di quei eroi che vanno ricordato e voglio lasciare un segno a questi giovani che lo conoscono poco” aveva avuto modo di spiegare Giannini (che pure aveva ammesso di preferire personaggi di fantasia di solito sul set) in un’altra intervista ricordando la figura del Generale, considerato un vero e proprio martire laico, che per portarlo in scena si è basato solamente su alcune fotografie e pochissimi filmati, oltre al bel libro scritto su di lui qualche anno dopo dal figlio Nando.