La storia di Carlo Alberto Dalla Chiesa raccontata nella fiction Il nostro generale, con Sergio Castellitto, ha come fulcro il suo Nucleo speciale antiterrorismo, un gruppo di carabinieri scelti che fu strumento innovativo per l’epoca, nel cuore degli anni ’70, nato su suo impulso per combattere le Brigate rosse “dall’interno” con strategie investigative audaci e moderne, come l’azione di militari e agenti sotto copertura. Il racconto portato sugli schermi dalla Rai nella serie Il nostro generale, in onda dal 9 gennaio 2023, inizia nel 1973 quando, dopo l’impegno a Palermo nella lotta alla mafia, Carlo Alberto Dalla Chiesa fu trasferito a Torino, teatro delle prime rivendicazioni delle Br nell’alveo della propaganda armata contro lo Stato.



Perchè è nato il Nucleo speciale antiterrorismo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa?

A intuire la portata del pericolo costituito dai brigatisti e dalle loro azioni sempre più invasive nel tessuto sociale e politico italiano, così come la necessità di nuovi mezzi d’indagine, più sofisticati ed efficaci, fu proprio il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Un uomo capace di trainare un progetto di legalità verso l’orizzonte di una sfida lungimirante e tenace per impedire l’avanzare della criminalità organizzata nel Paese. Fu grazie alla sua determinazione che nacque il primo Nucleo speciale antiterrorismo, un gruppo di uomini in divisa, tutti giovanissimi, scelti tra quelli fortemente specializzati e capaci di muoversi da infiltrati negli ambienti intestini alle Brigate rosse.



Erano i “ragazzi del generale” che con lui, sulla scia di una guerra per proteggere la democrazia dalle spire del terrorismo, si impegnarono coraggiosamente per combattere sul campo. Il Nucleo però incontra numerose frizioni e critiche dai vertici dell’Arma e pure dalla politica: nel 1976 venne infatti sciolto per l’assenza di immediati risultati. Lo scioglimento del Nucleo speciale antiterrorismo fu deciso da un provvedimento del comandante generale dell’Arma, il generale Enrico Mino. «La scelta di sciogliere i Nuclei costerà caro a tutti», viene fatto dire da Dalla Chiesa/Castellitto nella serie Rai, riprendendo il pensiero originale dello stesso Generale. Gli uomini componenti del Nucleo antiterrorismo vennero così trasferiti ad altri incarichi, chi a Milano e chi a Roma: Dalla Chiesa viene lasciato senza incarichi e spostato in un piccolo ufficio. Chiuso il Nucleo non si riesce ad eliminare la sua straordinaria eredità: anche in termini di tecniche di intelligence, nel cuore delle forze dell’ordine e nella memoria storica italiana rimase quel metodo innovativo di indagini e infiltrazioni.



Le accuse che portarono allo scioglimento del Nucleo speciale antiterrorismo (e la sua rinascita)

La fiction sulla storia di Carlo Alberto Dalla Chiesa, in particolare sul Nucleo speciale antiterrorismo da lui creato nel 1974, affonda le radici nel racconto della sanguinosa era del terrorismo rosso che, con le prime rivendicazioni delle Brigate rosse al Nord Italia, spinse il generale ad mettere in campo e affinare un nuovo approccio investigativo contro la criminalità organizzata. Brigatisti e mafiosi, anzitutto i loro capi, finirono nel mirino dell’attività d’indagine di Carlo Alberto Dalla Chiesa e dei suoi uomini, un gruppo scelto di carabinieri tra i più specializzati, portando a una vera svolta nel metodo di contrasto ai crimini contro Stato e democrazia.

Con il suo Nucleo, poi sciolto a seguito di alcune critiche ai metodi di infiltrazione tra i brigatisti, Dalla Chiesa sferrò colpi durissimi alle Brigate rosse riuscendo ad arrivare alla cattura di vertici del brigatismo quali Renato Curcio e Alberto Franceschini. Il 3 settembre 1982, in via Carini a Palermo, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa morì nell’agguato mafioso in cui persero la vita anche la seconda moglie, Emanuela Setti Carraro, e un suo agente di scorta, Domenico Russo. Con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, nel 1978, Carlo Alberto Dalla Chiesa era tornato alla sua serrata caccia alle Br: il 30 agosto del 1978 il Nucleo speciale antiterrorismo di Dalla Chiesa risuscita proprio per il riconoscimento della politica di quanto fosse stata utile quella modalità innovativa di combattere il crimine. La mano assassina dei suoi killer, pochi anni più tardi, avrebbe fermato quella coraggiosa corsa contro il tempo.