Esattamente 40 anni fa veniva assassinato il generale Carlo Alberto della Chiesa in quel di Palermo. Un tragico evento che, come ricorda il Corriere della Sera, venne ‘segnalato’ il giorno dopo, il 4 settembre 1982: «Alle ore 21,10 di ieri 3 corrente mese, veniva segnalata tramite 113 una sparatoria con feriti in via Isidoro Carini», si leggeva sulla prima informativa della Squadra Mobile di Palermo alla Procura. E ancora: «Prontamente inviato sul posto, personale dipendente accertava che ignoti avevano assassinato i passeggeri dell’autovettura A112 targata ROMA J97252, ferma vicino al marciapiede sinistro della strada, e ferito gravemente l’autista dell’Alfetta bleu targata PA 507032, anch’essa ferma lungo lo stesso marciapiede». Fu una strage che venne rivendicata al quotidiano La Sicilia dagli autori della stessa «L’operazione Carlo Alberto si è conclusa», telefonata che giunse il 15 settembre, quando morì anche Domenico Russo, autista della vettura su cui viaggiavano il generale Dalla Chiesa e la moglie Emanuela Setti Carraro, entrambi periti.



Dieci mesi dopo la strage venne associata alla mafia, a Cosa Nostra. Era infatti il 27 giugno del 1983 quando il rapporto redatto dal commissario capo Antonino «Ninni» Cassarà (che morì in seguito sempre per mano dei mafiosi), denunciò Toto Riina e altri dieci boss di Cosa Nostra, evidenziando la volontà di eliminare un nemico scomodo. «In sintesi deve affermarsi che il movente dell’omicidio è complesso e composito», scriveva Cassarà, «nel senso che esso non apparirebbe logico se non si ipotizzasse una convergenza di finalità ed interessi diversi che rispecchia la situazione dei gruppi mafiosi e i loro collegamenti con potenti gruppi economici».



CARLO ALBERTO DALLA CHIESA, IL RAPPORTO CASSARA’ E L’ESPRESSIONE “CONVERGENZA DI INTERESSI”

E’ forse la prima volta, sottolinea il quotidiano di via Solferino, che in un documento giudiziario si utilizza l’espressione «convergenza d’interessi» “utilizzata – scrive il Corriere della Sera – per superare il confine scontato delle responsabilità dei clan ed estenderle alla «zona grigia» delle collusioni, imprenditoriali e istituzionali”. E a 40 anni dall’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa restano ancora molte le domande, a cominciare dal capire perchè i boss mafiosi hanno voluto uccidere un uomo che stava combattendo la mafia da solo, senza i mezzi necessari per contrastarli, nonostante i ripetuti aiuti chiesti allo Stato.



«La decisione dell’omicidio non può essere stata che collettiva», scriveva ancora Cassarà, «e le responsabilità necessariamente sono individuabili a vari livelli corrispondenti a quelli degli interessi illeciti che con l’omicidio si è inteso proteggere: esse vanno dall’esecuzione materiale, attribuibile mafiosi, all’istigazione degli imprenditori che con i mafiosi hanno ambigui rapporti economici, fino alle connivenze colpevoli di quei rappresentanti delle forze politiche che dai mafiosi traggono favori elettorali e agli imprenditori collegati procurano lucrosi appalti. In realtà dalla Chiesa era un personaggio scomodo per molti, come è rilevabile dalle polemiche (reali e presunte) riportate dai mass media fino all’ultimo giorno della sua vita». Ma chi fossero questi complici, non lo si è mai saputo, e persino all’interno di Cosa Nostra, tramite intercettazioni che si sono susseguite negli anni, sono molti coloro che si sono fatti delle domande.