Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, ha concesso un’intervista a “Il Corriere della Sera”, nella quale ha analizzato la situazione connessa al Green Pass nelle aziende e alla vaccinazione. Il numero uno del sodalizio avente sede a Roma ha evidenziato come il Governo stia ascoltando tutti per avere sottomano uno scenario nitido. “C’è un aumento di contagi legato alla variante Delta e l’obiettivo di fondo è consolidare la ripresa per recuperare il reddito e il prodotto perduti, per tutelare i posti di lavoro e perché in pandemia abbiamo contratto un debito astronomico”, ha dichiarato Bonomi.



Ecco, che, nel quadro di regole attuale, l’uso del Green Pass rappresenta la soluzione probabilmente ideale: “Non ho mai chiesto di rendere il vaccino obbligatorio per accedere al luogo di lavoro, né ho mai parlato di applicazione unilaterale – ha aggiunto Bonomi –. Ho sentito troppi commenti a caldo, fatti senza aver letto cosa in realtà era stato detto esattamente”. A questo punto, sarà Mario Draghi a sentire le parti e ci sarà una convergenza: “Servono soluzioni chiare. Non ci si può far trovare ancora una volta impreparati e vorrei proprio vedere quali sindacati siano contrari alla tutela della salute dei lavoratori”.



CARLO BONOMI: “TRANSIZIONE VERDE? ITALIA NON È IMPREPARATA”

I casi di licenziamento di queste settimane, ha evidenziato Carlo Bonomi su “Il Corriere della Sera”, sarebbero stati possibili anche con il divieto, “perché sono cessazioni di attività e chiusure di stabilimenti. È in corso un processo di riorganizzazione e ridislocazione delle filiere a livello mondiale e noi in Italia non lo stiamo intercettando”. Il leader di Confindustria ha poi asserito che il nostro Paese si sta indebitando per fare la transizione ecologica, a cui l’Italia non si presenta impreparata: “Dal 2005 al 2020 in Italia abbiamo ridotto le emissioni da 470 a 287 milioni di tonnellate metriche l’anno, un calo di quasi il 40%. Imporre ora un’ulteriore drastica riduzione a noi non è come farlo a Paesi europei che in questi anni hanno progredito di meno”.



Sul lancio dei nuovi ammortizzatori sociali, invece, si profila un rinvio all’autunno e il ritardo accumulato è “davvero grande. Siamo d’accordo per un ammortizzatore universale. Ma allora tutti devono contribuire: se non tutto subito, con una progressione entro quattro o cinque anni”.