È possibile ripercorrere quasi 50 anni di vita politica italiana, se si accetta di lasciarsi prendere per mano da Carlo Casini, e guardare il nostro Paese con i suoi occhi di magistrato cattolico, fortemente impegnato sul piano della giustizia, anche nelle questioni più spinose, quelle davanti alle quali è più comodo girare le spalle ed evitare complicazioni sul piano umano e professionale.

Nel 1975 era un giovane pubblico ministero di Firenze. Aveva vinto il concorso in magistratura giovanissimo, a soli 26 anni, grazie alla sua intelligenza lucida, alla sua memoria vivacissima e ad una passione per la giustizia che lo rendeva sempre pronto a raccogliere quelle sfide complicate da cui gli altri fuggivano. Indagando sulla “clinica degli aborti” che c’era allora a Firenze, fece arrestare e trasferire alle Murate il segretario radicale Gianfranco Spadaccia. Inizia allora un confronto costante tra Carlo Casini e gli esponenti del Partito radicale, sempre schierati su fronti diversi, fino alla fine.

Spadaccia viene arrestato nel giugno del 1975 per una disobbedienza civile, organizzata dal Cisa (Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto), attivamente sostenuta dal Partito radicale, contro la legge italiana che vietava l’aborto. L’accusa è procurato aborto e questo fatto serve ad imporre l’aborto nel dibattito politico, cosa che porterà nel 1978 all’approvazione della legge 194, la famosa legge per la Tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza. Mai applicata la prima parte, diventa tout court la legge sull’aborto.

Carlo Casini lascia la magistratura e inizia il suo impegno di politico nella Democrazia cristiana; viene eletto subito alla Camera proprio nella legislatura che segue immediatamente quella in cui è approvata la legge sull’aborto, e sarà deputato dal 1979 al 1994. È la sua risposta positiva ad un’azione del Parlamento che non condivide, una legge che considera ingiusta, ma che rispetta, e contro cui si batte con le armi proprie di un parlamentare.

Qualche anno dopo infatti, nel 1981, si batte per abolire, o almeno per modificare, la legge 194, ma il referendum fallisce per una manciata di voti. Per Carlo è un enorme dolore, anche perché si era prodigato fino allo sfinimento, attraversando l’Italia in lungo e largo per testimoniare il valore della vita e la responsabilità di tutti, ma in particolare dei cattolici, di impegnarsi a tutela della vita senza se e senza ma. Aveva raccolto milioni di consensi, tanti ma non abbastanza, anche se contemporaneamente aveva creato un vasto movimento, anzi una rete di movimenti, come il Movimento per la vita (Mpv), nato il 15 gennaio 1980, da cui sono scaturiti i Cav (Centri di aiuto alla vita), il Progetto Gemma, le case di accoglienza e tante altre iniziative con decine di migliaia di bambini aiutati a venire al mondo semplicemente mettendosi in ascolto e al fianco delle loro madri tentate per povertà o paura di abortire.

Nel 2005, il Movimento guidato da Carlo Casini sempre in prima linea si oppose alle proposte di modifica alla legge 40/2004 riguardante la fecondazione assistita promosso dai Radicali, partecipando attivamente alla formazione del comitato “Scienza e Vita” e alla campagna astensionista sostenuta da milioni di italiani e dalla stessa Conferenza episcopale italiana, che aveva l’obiettivo di impedire il successo del referendum mediante il mancato raggiungimento del quorum e in questo modo garantire alla legge la sua validità.

Perso il referendum però il fronte radicale, insieme a numerose associazioni di stampo laico–laicista, ha fatto di tutto per smontare la legge, trovando sempre in Carlo Casini il difensore lucido e coerente di un principio che la scienza ha ampiamente dimostrato come certo: la vita inizia con il concepimento e tutelare la vita significa tutelarla dal momento del concepimento.

Carlo Casini è forse la persona che negli ultimi anni ha mostrato con più coerenza come il crocevia della bioetica, della biogiuridica e della biopolitica passi per la coscienza dell’uomo e questa coscienza abbia bisogno di nutrirsi soprattutto della forza della legge naturale, dei principi morali che ne scaturiscono e su questa base possa e debba elaborare una visione politica in cui la centralità dell’uomo non sia un semplice slogan, ma una ricerca costante e appassionata della difesa dei suoi diritti, primo tra tutti quello alla vita.

Difficile dire dove la sua vocazione di cristiano, la sua competenza giuridica e il suo ruolo politico si incontrino e dove si distinguano. L’intreccio è così profondo come solo l’unità di vita del santo riesce a fare. E Carlo Casini è per migliaia di persone che lo hanno conosciuto, amato, seguito, un santo. La storia ci dirà dove approderanno queste considerazioni, ma oggi questa è la sensazione forte e diffusa che se ne ha in Italia e non solo in Italia.

Eletto parlamentare europeo nelle elezioni del 1984, del 1989 e del 1994, dopo lo scioglimento della Dc aderisce al Ppi, in seguito passa al Centro cristiano–democratico (Ccd) e successivamente all’Udc. Ritorna al Parlamento europeo nel maggio 2006, come eurodeputato per la circoscrizione Centro, raccogliendo oltre 54mila preferenze personali. Viene rieletto al Parlamento europeo nelle elezioni del 2009 nelle file dell’Udc e in questa legislatura è presidente della Commissione Affari costituzionali dal 20 luglio 2009 fino a fine mandato nel maggio 2014. La sua ultima battaglia è la campagna “Uno di Noi” del 2013, che con una mobilitazione popolare in tutti e 28 paesi dell’Unione Europea consente la raccolta di oltre due milioni di firme a sostegno della petizione europea per la salvaguardia dell’embrione umano e dei suoi diritti. “I popoli europei”, disse, “si sono espressi e con un risultato senza precedenti, chiedono alle Istituzioni comunitarie di uscire dall’equivoco e di affermare senza reticenze che ogni uomo è titolare di diritti, senza distinzioni o limiti. E, in particolare, lo è il più debole: il concepito non ancora nato”.

È una battaglia che ha portato avanti con passione rinnovata e con la consapevolezza che questa testimonianza era un fatto dovuto anche in virtù del suo ruolo di membro della Pontificia accademia per la vita. Chiamato da Giovanni Paolo II a farne parte, aveva sempre concepito il suo impegno politico, il suo impegno culturale e sociale come espressione di una sola vocazione: quella di un cristiano coerente e coraggioso, chiamato a combattere la buona battaglia in tutti i modi possibili. 

La Sla, la malattia che alla fine se l’è portato via dopo anni di crescente sofferenza, l’aveva reso afono, costringendolo a ritirarsi dalla scena pubblica, ma non per questo aveva rinunziato ad intervenire nelle ultime battaglie sull’eutanasia, per la loro forte caratura biogiuridica e biopolitica. Aveva accettato di scrivere la prefazione ad un bel libro coordinato da Domenico Menorello, presidente dell’Osservatorio parlamentare, in cui si affrontava la sentenza della Corte Costituzionale in merito alla vicenda Cappato, radicale anche lui. Una sentenza ambigua e piena di contraddizioni che di fatto apre la strada al suicidio assistito, regolandone alcune condizioni, ma a conti fatti legittimando che sia possibile aiutare una persona a togliersi la vita, se è sufficientemente lucido e consapevole da volerlo fare, in circostanze in cui sembra che non ci siano alternative possibili.

Per Carlo Casini il valore della vita non era solo in carico al soggetto, né si poteva lasciarlo solo davanti alla sofferenza e davanti ad un dolore che sembrava non avere alternative; occorreva mettere in atto una solidarietà profonda fatta di legami umani solidi e di attenzioni concrete a lui e alla famiglia. Era lo stile con cui lui aveva affrontato il tema delle gravidanze difficili, quelle gravidanze a rischio di interruzione perché le donne si trovano a portare sulle spalle un fardello con cui non riescono ad andare avanti. A loro Carlo Casini aveva offerto Cav, Case famiglia, aiuti economici, relazioni salde e durature; non si era limitato ad una predica sul valore della vita, né aveva girato le spalle davanti alla loro paura di assumere la responsabilità della maternità. Le aveva semplicemente prese per mano, e da allora oltre 85mila bambini sono nati: in silenzio, accolti dall’affetto di tante persone che hanno sostenuto le loro madri e ne hanno condiviso  le angosce, senza mai giudicare, solo mostrandosi generosamente materne. 

Quest’anno si compiono anche i venticinque anni del documento pontificio che ha ispirato i suoi passi: l’enciclica Evangelium Vitae, di cui lui è stato testimone ed instancabile maestro. Sapeva citarne lunghi passaggi a memoria, tanto era impressa nella sua mente e nel suo cuore, ma chi lo conosceva meglio anche nella sua umiltà e nella sua intimità di amico profondo di san Giovanni Paolo II, così come lo era della santa Madre Teresa di Calcutta, sapeva anche che Carol Wojtyła scrivendo quell’enciclica e citando proprio l’esperienza dei Cav, lo aveva considerato tra i suoi ispiratori. Una amicizia di sorprendente fecondità e di attenta condivisione di affetti e di valori, di analisi lucide e nonostante tutto di un ottimismo soffuso e benevolente, perché fondato nella fede.