È del 2020 la notizia della reclusione di Carlo Gilardi, anziano 92enne, in una RSA contro il suo volere. L’uomo, che non può vedere né amici né parenti, ha sempre espresso la volontà di tornare a casa dai suoi affetti, essendo lucidissimo. Il suo internamento nella casa di riposo è dovuto al fatto che il suo patrimonio sia particolarmente ingente, avendo vari immobili e denaro contante, senza però eredi diretti a cui lasciarlo. Nella sua casa di campagna in provincia di Lecco, Gilardi dava ospitalità a chiunque ne avesse bisogno.
Il suo patrimonio, però, avrebbe attirato l’attenzione di terze persone. Per questo la sorella avrebbe chiesto un amministratore di sostegno per l’uomo, ritenendo che non sapesse gestire il suo matrimonio. L’anziano, come si è visto anche in diverse puntate de Le Iene, ha vissuto l’affiancamento dell’amministratore di sostegno come un’intrusione nella sua vita, tanto da denunciarlo. Proprio l’ultimo amministratore di sostegno ne ha disposto il trasferimento in RSA. Carlo Gilardi ha denunciato nuovamente il fatto, spiegando che avrebbero voluto dichiararlo incapace di intendere e di volere e intascarsi il suo patrimonio. Sulla questione è intervenuta anche la Corte europea per i diritti umani.
La Corte europea per i diritti umani contro l’Italia
In un comunicato, il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale spiega che “Di fronte alla sentenza della Prima Sezione della Corte europea per i diritti umani, che ha stabilito la violazione da parte dell’Italia dell’articolo 8 della Convenzione Edu per avere inserito una persona anziana (Carlo Gilardi, ndr) in una residenza sanitaria assistenziale nonostante la sua contraria volontà, per averne limitato in modo escludente i contatti con i propri riferimenti esterni e per non aver messo in atto un percorso di graduale revisione di una misura adottata in via provvisoria, il Garante nazionale – quale organismo di prevenzione delle violazioni della Convezione – esprime il proprio rammarico perché le sue indicazioni, più volte espresse e oggi richiamate dalla stessa Corte europea, non abbiano indotto le Autorità responsabili a evitare questa censura nei confronti del Paese”.
Per questo, “Esprime tuttavia anche la soddisfazione per i principi che tale pronuncia afferma e per la loro possibile futura applicazione in ulteriori casi che, in analogia con quanto avvenuto a Lecco, possano ripetersi in altre situazioni. Il Garante nazionale ricorda di aver cercato a più riprese, come documentato dalla Corte Edu nella pronuncia odierna, di interloquire con le Autorità responsabili affinché le misure adottate venissero gradualmente ridotte e consentissero l’affermazione di quel margine di autodeterminazione che non può mai essere sottratto a qualsiasi persona“.