Carlo Petrini, fondatore dell’associazione Slow Food, noto gastronomo, scrittore, sociologo e attivista italiano, ha pubblicato un proprio articolo sul quotidiano La Stampa, per denunciare una diversità di trattamento fra chi effettua coltivazioni bio, e coloro che lavorano nell’agricoltura “classica”, ma soprattutto, per sottolineare la visione arcaica che ancora molti hanno nei confronti del mondo agricolo. Secondo Carlo Petrini lo scenario attuale vede coloro che lavorano nel campo dell’agricoltura biodinamica fortemente bistrattati: “Definirla una pratica esoterica – scrive sul quotidiano torinese – o un’aberrazione normativa da ciarlatani mi sembra un giudizio pressapochista e sintomo di non conoscenza”. Eppure sarebbero proprio queste le parole che alcuni scienziati avrebbero definito l’agricoltura bio nel disegno di legge approvato lo scorso 20 maggio in Senato: dovevano essere introdotte una serie di norme importanti a difesa del settore, ma dopo il “polverone mediatico sollevato da queste accuse, si teme che la Camera stravolga il testo di legge, allungando ulteriormente un riconoscimento normativo atteso da più di 15 anni”.
Quindi Petrini si scaglia nei confronti dell’agricoltura “tradizionale”, dove alcuni pensano di “poter abusare di input artificiali esterni per perseguire l’aumento delle rese agricole senza incidere negativamente sull’ecosistema”. Si è trattato più che altro di un modo di fare che è stato utile nel breve periodo, “valido al problema della fame, abbattendo i costi, aumentando le quantità e rendendo l’attività agricola meno incerta”. Ma dopo decenni di applicazione di questo metodo ci si ritrova ora con una terra seriamente danneggiata: “impoverimento della flora e della fauna, suoli degradati, falde acquifere e aria inquinate”.
CARLO PETRINI: “C’E’ UN SISTEMA CHE INQUINA, SPRECA E AMMALA…”
Quindi Petrini si domanda: “Mi chiedo in quale mondo vivano gli scienziati anti-biologico e biodinamico, quando affermano che l’interesse nazionale sia ancora l’aumento della produttività. In una società dove il sistema alimentare inquina, spreca e ammala, mi sembra molto chiaro che la prerogativa non è più produrre di più con meno, ma meglio”. Ecco perchè, rispettando la Terra, si ha bisogno di pratiche “rigenerative non energivore o depauperanti. Di coloro che la coltivano, nella libertà di compiere le proprie scelte, riconosciuti e tutelati anche dal punto di vista normativo. Di tutti noi cittadini che abbiamo il diritto a un cibo sano e che soddisfi il fabbisogno nutrizionale e non solo quello energetico”, con tanto di etichette trasparenti che spieghino nel dettaglio come il cibo è stato coltivato e con quali sostanza. Quindi Petrini aggiunge: “Strano che chi coltiva in modo naturale è sottoposto a controlli e lo deve dichiarare, mentre chi usa chimica a manetta non è soggetto a nessuna verifica”, per poi concludere: “E’ il lavoro contadino che sfama il mondo, e non la scienza, che deve quindi essere supporto e non egemonia”.