«Bisogna indagare anche sul Csm»: è perentorio l’avvocato Carlo Taormina nel puntare dritto contro l’organo di rappresentanza e controllo dei magistrati dopo i ben noti scandali su Luca Palamara e gli altri giudici coinvolto nelle intercettazioni dell’ormai famoso “trojan” sul cellulare dell’ex n.1 Anm. «I giornali fino ad oggi non hanno spiegato nulla dei fatti, hanno solo confuso le acque», spiega Taormina nella lunga intervista a “La Verità” in edicola oggi, «il caso Palamara unito a quello su Di Matteo-Bonafede ci consegna un quadro drammatico della giustizia in Italia». Contatti eccome insomma sulle due vicende che hanno sconquassato il Ministero di Grazia e Giustizia nelle ultime settimane: secondo il noto “principe del foro” le indagini vanno effettuate più a fondo non solo nell’Anm ma anche tra i vertici del Consiglio Superiore di Magistratura.



Secondo Taormina è gravissimo quanto detto da Palamara a Giletti in tv, ovvero che nella magistratura per far carriera bisogna appartenere alle correnti: «io so molte cose alcune delle quali non sono ancora provate […] Di Matteo ha spiegato che il Ministro gli ha offerto un posto e poi ha cambiato idea. Dopo queste affermazioni però Bonafede non l’ha querelato», avanzando la possibilità che possa esser stato pressato da qualcuno per quel improvviso cambio di registro. Ma sul collegamento tra Palamara e Di Matteo, Taormina fa ancora un passo in più: «metto in fila dei fatti […] abbiamo un rigoroso magistrato antimafia a cui si preferisce un anonimo magistrato che nessuno conosce (Basentini, nominato al Dap al posto del magistrato Nino Di Matteo, ndr). E poi abbiamo i mafiosi che con queste condizioni alla fine escono dal carcere».



“INDAGARE SUL CSM: ECCO PERCHÈ”

Secondo Taormina qualcuno ha costretto Bonafede a fare marcia indietro prendendosi anche la “croce” per quel fatto: «Palamara, pur cercando di sminuire e attenuare le sue colpe, ne ammette due clamorose che gettano luce inquietante su come si amministra la giustizia in Italia». Ad un Luca Telese sempre più “allibito” davanti alle posizioni raccontate da Taormina, l’avvocato sostiene che «Palamara non può più mentire, dice lui. Cosa che per un presidente dell’Anm è come minimo scandaloso» e poi soprattutto che dietro ogni nomina c’era un sistema che lo governava. Per Taormina non solo è “immorale” un atteggiamento del genere, ma vi è anche l’ipotesi di reato: «la legge e non Carlo Taormina ci dice che la nomina dei magistrati deve dipendere dipendere dalla “valutazione del merito”. Non dalla militanza in una qualche corrente sindacale». Secondo l’avvocato tutti nel Csm sono coinvolti in quel sistema di nomine “scandaloso” e soprattutto «tutti hanno avuto qualcosa in cambio»: proprio per questo motivo, secondo l’avvocato famoso per il caso Cogne, «considero una mosca bianca, un eroe chi ha aperto un fascicolo su Palamara».



L’ipotesi lanciata da Taormina è che possa sussistere il reato di abuso d’ufficio, ma per salvare Palamara «proveranno a fare di tutto», attacca ancora l’avvocato ex Forza Italia. L’assunto è che «siccome tutti ci intingono il pane, tutti possono subire un ricatto»: un esempio di questo senso per Taormina è la vicenda di Roma, «Davigo vota Viola come riferito nelle intercettazioni, come vogliono i renziani. Lo dicono loro nelle chiamate, deve accadere questo per risolvere i problemi di Lotti». Ecco, per Taormina questa è pura corruzione: «Guardi che non serve scambio di denaro, basta uno scambio di utilità. È il sistema che ci raccontò Palamara: si reggeva tutto su questo meccanismo di scambio». Resta ovviamente un’opinione di Taormina ma decisamente pesante specie per la conoscenza della magistratura e del mondo giuridico dello storico principe del foro: «se io ti offro uno scambio io la chiamo corruzione. Ripeto: anche senza utilità economica». Coinvolte non solo Unicost e Area, conclude l’intervista l’avvocato siciliano: «Le correnti partono dalla periferia e arrivano fino al Csm, cementandosi nel sistema. È questo che nessuno vuole raccontare, è questo che io dimostrerò difendendo quella magistrata».