Carlo Verdone, ospite di Mara Venier Domenica In, ha ripercorso la sua carriera, a partire dalle origini. “Ho fatto del mio meglio in questi anni e ammetto che non pensavo che il mio successo sarebbe durato così tanto. Non ho mai creduto in me stesso inizialmente”, ha ammesso. In tal senso, ha raccontato l’aneddoto relativo al suo esordio a teatro, in cui ha pensato fino all’ultimo di tirarsi indietro.



“Dovevo debuttare all’Alberichino, ma ho avuto un attacco di panico. Mi avevano chiamato dal teatro per dirmi che erano presenti dei critici. Per me fino a quel momento era un gioco. È così che chiesi a mamma di richiamarli per dire che stavo male e non sarei potuto andare. Mi sentivo inadeguato”, ha ricordato. Ma non è ciò che accadde. “Lei mi diede un calcio di sedere nel sedere, prese una sacca con gli oggetti che mi servivano e mi buttò fuori di casa. ‘Vai a teatro, ci vediamo dopo. Un giorno mi ringrazierai, fregnone’, disse. Mi tirò anche le chiavi della macchina, una 127, che mi ero comprato facendo le serate”. La donna aveva ragione.



Carlo Verdone: “All’inizio non credevo in me”. L’esperienza a teatro

Anche i critici stessi, col passare del tempo, si accorsero del talento di Carlo Verdone. “Franco Cordelli era severissimo. Una volta mi ritrovai al quarto giorno di spettacolo con il teatro vuoto. I parenti e gli amici erano finiti, non veniva più nessuno. Avremmo dovuto smontare tutto, sapevo che sarebbe finita così. Poi entrò lui, ma io non sapevo chi fosse. Voleva andare via ma lo invitai a sedersi, alla fine applaudì e se ne andò. L’indomani uscì su Paese Sera una bellissima recensione sul mio spettacolo. Il teatro iniziò a riempirsi. Lo ringrazierò sempre, perché mi ha aiutato e ha creduto in me”, ha ammesso.



Ma non fu l’unico. “Ho iniziato a credere in me solo quando dopo l’ultima puntata di Non Stop mi chiamò Bruno Gambarotta, il dirigente della Rai. Quando lo incontrai mi chiese cosa avrei fatto coi soldini guadagnati. Gli dissi che avrei comprato un’auto migliore, ma lui rispose che non ne avevo bisogno perchè tra qualche anno avrei avuto un’autista. Mi fece capire che sarei diventato qualcuno. Poi arrivò Sergio Leone, che era interessato a fare un film con me. Iniziai a convincermi che qualche carta da giocare l’avevo”. E così fu.