Un recente studio condotto dall’Università di Chicago, pubblicato sulla rivista Nature e citato dal Giornale, ha smontato la posizione dell’Oms sulla carne rossa. È piuttosto nota la crociata che l’Organizzazione mondiale della sanità (appoggiata anche dell’Unione Europea) sta conducendo per ridurre il consumo di derivati animali, in particolare la carne, accusandoli a più riprese di avere effetti potenzialmente cancerogeni, specialmente se consumati in modo eccessivo. Lo studio, invece, sarebbe riuscito a dimostrare una possibile correlazione tra il consumo di carne rossa e la resistenza ad alcuni tipi di cancro, oltre che effetti generalmente positivi sull’aumento dell’efficacia dell’immunoterapia nei trattamenti clinici contro il cancro.



Lo studio sulla carne rossa che smentisce l’Oms

Lo studio sulla carne rossa, spiega il Giornale, ha preso in esame circa 250 molecole bioattive derivate dai nutrienti animali al fine di comprendere quali stimolassero l’attivazione delle cellule T CD8+, coinvolte nell’eliminazione delle cellule tumorali e infette da virus. Tra le tante testate, sono giunti acido trans-vaccenico (o Tva) che ha registrato i risultati generalmente migliori, ma che non viene prodotto autonomamente dall’organismo umano.



Tuttavia, il Tva si trova in abbondanza nel latte umano e in alcuni tipi di carne rossa, che sono stati somministrati, in quantità equilibrate e non dannose per l’organismo, ad alcuni roditori. Si è, dunque, appurato che una dieta ricca di Tva ridurrebbe significativamente il potenziale di crescita del melanoma e delle cellule del cancro al colon, rispetto ad un gruppo di controllo sottoposto ad una dieta generica. La Tva, inoltre, avrebbe avuto effetti positivi sulla capacità delle cellule T CD8+ di infiltrarsi nei tumori per distruggerli. Insomma, in altre parole non solo la carne rossa (consumata sempre in quantità non eccessive, circa 2 o 3 volte a settimana) non è cancerogena, ma aiuta anche il trattamento clinico dei tumori.

Leggi anche

Covid: il video della proteina Spike che 'invade' in cervello/ Studio: "Si accumula e persiste per anni"