Il prezzo della benzina è ai massimi degli ultimi dodici mesi e i rincari sono diventati oggetto di dibattito politico in una stagione in cui si percorrono più chilometri della norma. Il “prezzo alla pompa” è un tema particolarmente sensibile anche rispetto a tanti “rincari” degli ultimi mesi tra cui quello degli alimentari. Il fenomeno ha prodotto un obbligo di esposizione dei prezzi medi arrivato dopo molto polemiche sulle politiche commerciali dei gestori delle stazioni di servizio.
L’aumento dei prezzi delle ultime settimane è coerente con i rialzi del prezzo del petrolio; il tasso di cambio euro/dollaro non ha mostrato particolare volatilità e i margini di raffinazione, seppur in salita nelle ultime settimane, rimangono sotto i livelli toccati all’inizio dell’anno. Il principale scalino è ancora attribuibile allo stop del taglio delle accise deciso all’inizio dell’anno che vale 30,5 centesimi al litro. Esclusa questa specificità, i prezzi alla pompa in Italia hanno seguito lo stesso andamento registrato in Germania e in Francia con una piccola deviazione, a sfavore degli automobilisti italiani, registrata da un paio di settimane.
Tutta la questione del “caro benzina” si riduce quindi all’incremento dei prezzi del petrolio e alle politiche fiscali del Governo che deve quadrare i conti dopo il rialzo dei tassi e l’aumento del costo del debito. Per invertire il trend bisognerebbe agire su queste due leve, ma ovviamente non è semplice. Il settore è poi al centro della rivoluzione green; per agire sulle forniture di petrolio occorrerebbe avere massima libertà inclusa quella di poter firmare accordi di lungo termine necessari per sostenere gli investimenti. Questo non è possibile presentandosi con lo stop ai motori termici dal 2035. Bisognerebbe avere anche grande libertà geopolitica perché le risorse sono in Paesi che non sempre corrispondono agli ideali di democrazia occidentali. La Turchia ha appena ottenuto una concessione di 99 anni per un porto militare in Libia che rimane un Paese con risorse enormi sottosviluppate dopo dieci anni di instabilità.
Sostenere per sempre un taglio delle accise è complicato da un punto di vista finanziario. Si potrebbe al limite riservare questa opzione alle fasi di rincaro del greggio che però riflette un decennio di sotto investimenti. Tutte le speranze di calo dell’oro nero poggiano su una riduzione dei consumi in seguito a una crisi. La domanda di petrolio salirà ancora nel 2023 e c’è un intero continente, l’Africa, che vorrebbe consumarne di più e migliorare il proprio stile di vita. Anche la domanda cinese sale dopo le riaperture. Il taglio delle accise è una misura tampone, ma non può essere una soluzione se lo scenario è quello di un’offerta stabile e una domanda crescente. Il passaggio all’elettrico ha dei costi colossali e nessuno, tra l’altro, sa esattamente da dove dovrebbe arrivare l’elettricità e i metalli necessari alla transizione. Le soluzioni al problema per ora sono le stesse di sempre.
Settimana scorsa Bloomberg ha ipotizzato che l’aumento della produzione iraniana di petrolio sia legata alla volontà di Washington di “applicare i divieti meno severamente” permettendo alle navi cargo iraniane di arrivare più velocemente al suo maggiore cliente, la Cina, in modo da “calmare i prezzi della benzina con Biden che si prepara alle elezioni dell’anno prossimo”. Il petrolio iraniano farebbe bene anche alle raffinerie americane esattamente come quello venezuelano. In altre parole l’America di Biden accantona le divergenze con due “dittature nemiche”, Iran e Venezuela, pur di abbassare il prezzo alla pompa per i propri cittadini. Questa è una politica che ha successo.
Torniamo a quanto successo al prezzo della benzina in Italia nelle ultime due settimane rispetto a Francia e Germania. Una piccola variazione che, speculando, potrebbe persino derivare dall’obbligo di esposizione dei prezzi medi. Il gestore che espone un prezzo inferiore alla media ha ogni incentivo a ridurre la differenza continuando lo stesso a rimanere tra “i buoni”. L’effetto è contrario a quanto voluto: si alza la parte bassa della forchetta mentre rimane invariata quella alta. Se c’è un esempio da seguire è il realismo di Biden nei rapporti internazionali e nella rivoluzione energetica.
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