All’Ospedale Maggiore di Cremona è arrivata una bolletta della luce di oltre 10 milioni di euro, quando solo l’anno prima era pari alla metà. All’ospedale Cardarelli di Napoli il conto dell’energia elettrica è salito a 11 milioni. In provincia di Cuneo ospedali e Asl si trovano a far fronte a extra costi per 10 milioni. Il “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo lamenta un aggravio di 3 milioni. E se il gruppo San Donato denuncia un “aumento dell’890% per il gas e del 260% per l’elettricità”, in Toscana le strutture sanitarie pubbliche hanno subìto un incremento dei costi delle bollette per circa 116 milioni di euro.
La mappa del caro bollette per la sanità è una sorta di bollettino di guerra che spaventa, e non poco, Asl e ospedali. “Non si tratta semplicemente di semplici voci di uscita in un bilancio – osserva Giovanni Migliore, presidente della Fiaso, la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere – ma di servizi per il cittadino e per i pazienti: la stagione post-Covid richiede la disponibilità di tutte le risorse possibili per recuperare le prestazioni sospese e far fronte agli impegni presi con i cittadini”.
Per sterilizzare la situazione il governo Draghi, con il decreto Aiuti ter, ha previsto un incremento di 500 milioni del fondo destinato al Servizio sanitario nazionale “allo scopo di contribuire ai maggiori costi determinati dall’aumento dei prezzi delle fonti energetiche e al perdurare degli effetti della pandemia”. Ma, visto che il caro bollette non allenta la morsa, rischiano di essere ampiamente insufficienti.
Il caro bollette mette davvero a rischio la sanità? Quanto incide sui costi del sistema ospedaliero?
Bastano pochi numeri per capire la gravità della situazione: nel 2020 il conto energia complessivo di tutti gli ospedali italiani ammontava a poco meno di 1,4 miliardi. A inizio 2021 avevamo stimato un incremento intorno al 30%, in realtà noi oggi abbiamo un tendenziale che ci porta verso il raddoppio dei costi, ossia a un esborso totale vicino ai 3 miliardi. Un extra costo di 1,5 miliardi a livello nazionale. E il caro energia è un’emergenza paragonabile a quella che abbiamo da poco superato: la pandemia.
Perché?
Nel 2021 lo Stato ha destinato 1,7 miliardi di euro per fronteggiare il Covid e oggi già ci troviamo con un aggravio da colmare pari a 1,5 miliardi. Diciamo che siamo di fronte a un’altra pandemia, una pandemia energetica.
Se i costi si faranno insostenibili, siccome gli ospedali devono fornire prestazioni non interrompibili, a cosa potrebbero andare incontro i pazienti? Si possono lasciare al freddo malati, personale sanitario e famigliari?
Posso affermare con estrema chiarezza che i nostri cittadini non si troveranno mai davanti un pronto soccorso con la luce spenta o a una sala operatoria senza il ventilatore in funzione o una Tac ferma o un reparto con il riscaldamento abbassato. I servizi li abbiamo sempre garantiti, li garantiamo e continueremo a garantirli.
Si parla però di ospedali dove nelle sale d’aspetto vengono distribuite le coperte…
Le dico la verità: noi non ci aspettiamo situazioni così drammatiche. All’interno degli ospedali c’è la fragilità per antonomasia, i servizi non si possono interrompere o ridurre. Se si dovesse configurare uno scenario del genere, sarei molto preoccupato perché vorrebbe dire che il problema è così serio e grave che interessa tutto il Paese, non solo gli ospedali.
Dove sta oggi la vera difficoltà?
La difficoltà sta nel fatto che questo extra-costo per le bollette dell’energia deve essere sostenuto dalle aziende ospedaliere con i fondi in bilancio. Ma quel miliardo-miliardo mezzo aggiuntivo, cui dobbiamo ricorrere per far fronte ai rincari delle bollette, noi speravamo di poterlo utilizzare per migliorare una serie di aree di attività.
Per esempio?
Gli investimenti aggiuntivi in tecnologia oppure l’incremento del personale e la stabilizzazione dei precari. La speranza era di poter fare qualcosa in più rispetto a quello che normalmente facciamo, in primo luogo per consentirci di erogare le prestazioni non fornite durante la pandemia Covid. Ed è un peccato non poterlo fare, perché quest’anno salutavamo con grande ottimismo il fatto che per la prima volta dopo tanti anni il Fondo sanitario nazionale è tornato a essere incrementato rispetto all’anno precedente. Un incremento che verrà azzerato purtroppo dal caro energia.
Sono già arrivati dal governo dei ristori per cercare di tamponare questa pandemia energetica?
Il governo, su nostre ripetute sollecitazioni, è intervenuto e per la prima volta ha destinato un extra fondo nel decreto Aiuti ter, mettendo sul piatto 500 milioni. È un segnale molto importante, soprattutto perché per la prima volta si è trattato di un sostegno dato esclusivamente alle aziende sanitarie e non agli enti locali in generale, come avvenuto in passato.
Che cosa possono fare ospedali e Asl per alleggerire il caro bollette e conseguire un efficientamento energetico?
Come Fiaso da tempo consigliamo alle aziende sanitarie associate una serie di comportamenti, di regole semplici, che possono essere messe in atto da subito e che mirano a una maggiore attenzione verso la questione energetica: dalla differenziazione delle fonti energetiche alla cogenerazione, dai pannelli solari su edifici e parcheggi alla nomina di un energy manager e altri interventi di medio periodo. È evidente, poi, che in questa situazione è necessario accelerare questi processi e che occorrerà essere ancora più incisivi e attenti. Detto questo, è giusto però sottolineare che le aziende sanitarie e gli ospedali, anche mettendo in pratica e a regime un risparmio energetico programmato, al massimo possono arrivare all’8%, massimo 10%. Considerando il grande numero di macchinari che devono necessariamente essere attivi 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, è dunque difficile immaginare di poter minimizzare negli ospedali i consumi energetici.
Oltre alle maggiori spese per l’energia, Asl e ospedali devono fronteggiare importi contrattuali lievitati da parte delle aziende fornitrici di servizi, sia quelli sanitari che i cosiddetti “alberghieri”, come la pulizia e la lavanderia. Quanto costano questi incrementi?
Le situazioni sono molto diverse: ci sono le aziende ospedaliere che si affidano al lavanolo, il lavaggio a noleggio, altre invece che ricorrono alla partnership pubblico-privato, in cui questi servizi rientrano nel pagamento di un canone complessivo, e altre ancora che offrono il servizio con una gestione in house. In media, complessivamente, i fornitori di dispositivi e servizi sanitari e non sanitari stanno registrando incrementi a doppia cifra.
C’è la richiesta di rivedere i contratti?
Purtroppo sì. Nei contratti esistono dei margini all’interno dei quali le oscillazioni dei costi vengono assorbite dai fornitori. È chiaro che questi non sono aumenti fisiologici ed è altrettanto evidente che il fornitore sia indotto a chiedere una revisione dei termini del contratto. Abbiamo infatti notizia di fornitori che stanno chiedendo la revisione prezzi e l’apertura di un tavolo di contrattazione. In quei casi, però, nell’assoluto rispetto dell’interesse pubblico, si deve cercare di trovare una soluzione condivisa.
Al nuovo governo che sta per insediarsi intendete chiedere nuovi stanziamenti?
Abbiamo due richieste fondamentali. Innanzitutto, allineare gli investimenti in sanità ai livelli degli altri paesi europei. Oggi il Ssn è tornato a essere al di sotto di quella soglia che si è registrata durante la pandemia da Covid, ovvero sotto il 6,5% rispetto al Pil. Noi chiediamo che ci sia un investimento in salute almeno pari all’8% del Prodotto interno lordo. Per due ragioni.
Quali?
Da un lato, perché un Paese che non sta in salute non ha un Pil che cresce, non produce ricchezza e sviluppo. Dall’altro, allocare risorse al Ssn significa creare un volàno di investimenti per tutto l’indotto che ruota attorno alla sanità.
E la seconda richiesta?
Il nostro Paese riesce a curare bene le persone e ha un’aspettativa di vita media che è cresciuta negli ultimi 30 anni in misura significativa, così che oggi abbiamo molti anziani. Ma nel contempo abbiamo un tetto del personale che è fermo a vent’anni fa: va implementato per poter garantire servizi migliori e adeguati.
Può essere utile e opportuno inserire Asl e ospedali nell’elenco delle imprese energivore oppure introdurre agevolazioni specifiche per l’ammodernamento dei macchinari e per la riqualificazione energetica degli ospedali, considerato che solo il 16% è stato costruito negli ultimi 30 anni?
Nella richiesta di salire all’8% di spesa in salute, cioè un punto e mezzo percentuale in più, possono rientrare tante misure e tante scelte: solo partendo da quella dotazione finanziaria è possibile fare gli investimenti indispensabili in strutture e dispositivi.
(Marco Biscella)
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