Oltre 38 miliardi di euro in più. Sarà la spesa aggiuntiva che gli italiani dovranno sobbarcarsi per far fronte ai folli aumenti dei prezzi di luce e gas: 15,4 miliardi per tutte le spese legate all’energia elettrica e poco più di 23 miliardi per le voci di consumo di metano. In pratica, il caro bollette costringerà ogni famiglia a spendere 1.516 euro in più nel 2022 rispetto all’anno precedente: 2.771 euro quest’anno, contro i 1.255 del 2021, con un aumento shock del 120,8%.
A rivelarlo è uno studio condotto dall’istituto Demoskopika, che lancia un allarme: il trend in salita della spesa per l’energia avrà “una ripercussione immediata soprattutto sulle condizioni di disagio economico degli italiani: il caro bollette potrebbe far piombare in condizione di povertà relativa quasi 244mila famiglie, di cui il 55% concentrato nelle realtà territoriali del Mezzogiorno, che si andrebbero ad aggiungere agli oltre 2,8 milioni di nuclei familiari stimati per il 2022”. “Se mettiamo insieme le difficoltà in cui versano per i rincari tariffari sia le famiglie che le imprese – osserva Raffaele Rio, presidente di Demoskopika – possiamo parlare di un vero e proprio stato di calamità energetico”.
Partiamo dai numeri. Quanto colpirà gli italiani il caro bollette?
Ogni famiglia spenderà più del doppio per energia elettrica e gas: +121% circa. Il che si traduce in una stima della spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia maggiore di ben 1.516 euro per i consumi di energia elettrica e gas rispetto al 2021. Un dato che, in valore assoluto, è quantificabile in un aggravio di spesa aggiuntiva per riscaldamento, acqua calda sanitaria, luce e cottura cibi pari a 38,4 miliardi di euro, di cui 15,4 miliardi per il maggiore consumo di energia elettrica (+96,2%) e poco più di 23 miliardi per le spese legate al gas (+145,8%).
Dove il caro bollette si farà sentire di più?
La nostra analisi ci restituisce un’Italia bicefala, confermando che l’impatto del caro bollette non è uguale per tutti. I più colpiti sono i nuclei con un reddito pro capite più basso. E, infatti, l’impennata dei prezzi, da un lato, sta aumentando la spesa per consumi di luce e gas maggiormente al Nord, ma, dall’altro, è principalmente nelle realtà del Mezzogiorno che, per la presenza di un reddito pro capite minore, si avverte maggiormente l’incidenza sul disagio economico delle famiglie.
A livello regionale chi paga il conto più salato?
L’aggravio di spesa maggiore, in valore assoluto, si registra in Lombardia (7,14 miliardi di euro), Lazio (3,80 miliardi), Veneto (3,41 miliardi), Emilia-Romagna (3,27 miliardi), Piemonte (3,18 miliardi), Campania (2,98 miliardi), Toscana (2,41 miliardi), Sicilia (2,34 miliardi) e Puglia (2,18 miliardi).
Il caro bollette è ormai un’emergenza economica e sociale?
Certo. Anzi, possiamo dire che ci troviamo in un vero e proprio stato di calamità energetico. La Ue dovrebbe pensarlo e attivarlo.
Nel vostro studio si preconizza un nuovo aumento della povertà. Già il XXI Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale, presentato ieri e intitolato “L’anello debole”, fa emergere che “la povertà assoluta nel 2021 conferma i suoi massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia di Covid”. In questo 2022 rischiamo di toccare nuovi drammatici livelli record?
Un dato è certo: gli aumenti legati al caro bollette già di fatto nel 2022 hanno incrementato l’incidenza della povertà relativa sul totale delle famiglie italiane. Noi stimiamo una crescita di 244mila famiglie che cadranno in povertà relativa. E siccome le stime dicono che i prezzi anche nel 2023 non tenderanno a calmierarsi, anzi dovrebbero proseguire in questo trend di crescita, ciò non potrà che aggravare il fenomeno di disagio e di impoverimento. Siamo destinati a vedere un incremento della povertà assoluta e della povertà relativa.
Soprattutto nel Mezzogiorno?
Sì. Proprio nel Mezzogiorno si concentra la quota più elevata di nuove famiglie povere: oltre 134mila con un’incidenza sul dato complessivo pari al 55,1%. In valore assoluto è in Campania e Puglia che si registra il maggior numero di nuove famiglie povere, rispettivamente con 41mila e 36mila nuclei familiari, immediatamente seguite da un’altra regione del Sud, la Sicilia con 26mila famiglie piombate in condizione di povertà relativa. L’incidenza minore sul totale delle famiglie residenti si stima in Trentino-Alto Adige (0,45%), in Valle d’Aosta (0,47%), in Friuli Venezia Giulia e in Lombadia (0,57%).
I rincari tariffari stanno mettendo in ginocchio molte attività produttive, da quelle piccole, spesso a conduzione famigliare, a quelle grandi, con gravi ripercussioni sul fronte della disoccupazione. È un altro colpo di maglio che s’abbatte sul ceto medio?
Assolutamente sì. L’allarme rosso sul ceto medio deriva da due spie. Da un lato, dalla crisi del sistema produttivo italiano. Nella nostra ultima ricerca avevamo stimato, a causa dell’impennata dei prezzi dell’energia legati anche alla guerra in Ucraina, una perdita di oltre 16 miliardi di mancata crescita del tessuto produttivo italiano strettamente connesso ai settori energivori. Se estendiamo questa conseguenza negativa all’intero sistema industriale, la perdita di moltissimi posti di lavoro è lo spettro che purtroppo ci aspettiamo.
La seconda spia?
Per una quota importante di ceto medio, di chi in pratica viveva immediatamente al di sopra di questa soglia, l’aggravio di spesa, folle e imprevisto, per i consumi di luce e gas aumenta il rischio di cadere sotto la soglia di povertà relativa. Non solo: i rincari tariffari – e il fenomeno è ancora sotto traccia, ma senza interventi correttivi diventerà sempre più evidente e pesante – stanno costringendo le famiglie italiane che ancora possono a mettere mano ai propri risparmi o a una riduzione della qualità della vita. Finiti i risparmi, cosa succederà?
Per mitigare gli effetti sulle famiglie del caro bollette servirebbero nel breve 40 miliardi circa. Tra poco s’insedierà il nuovo governo, che ha più volte ribadito come la prima emergenza cui cercherà di far fronte è proprio quella del caro energia. Dove e come trovarli?
Si potrebbe agire su due piani: uno di brevissimo periodo, perché servono risposte immediate ai problemi che stiamo vivendo, e uno di medio-lungo periodo.
Quali dovrebbero essere le priorità più urgenti?
Ricette magiche non ne esistono, ma in questa drammatica situazione noi avanziamo due suggerimenti. Il primo: perché non estendere il bonus sociale gas e luce a famiglie con un reddito Isee fino a 15mila euro, mentre oggi è fino a 12mila euro? In tal modo si aiuterebbero 400mila famiglie in più. Il secondo: perché non proviamo a scegliere una soluzione condivisa con la Ue, utilizzando il “metodo Covid”?
Di cosa si tratta in concreto?
Le istituzioni europee e l’Italia hanno la possibilità, attraverso un Regolamento che può essere redatto e approvato subito, di poter garantire una flessibilità eccezionale all’uso dei fondi strutturali. Sono risorse comunitarie, cofinanziate dai singoli paesi, sia di natura nazionale che a cabina regionale.
Quali sono le cifre in ballo?
Stiamo parlando di circa 92 miliardi di euro, di cui poco più di 44 miliardi ad oggi non sono stati ancora spesi. Impegnati sì, ma non ancora certificati. A questo punto il governo dovrebbe monitorare questa dotazione e chiedere alle Regioni di dare comunicazione sulle risorse che ancora non hanno certificazione di spesa né impegni giuridicamente vincolanti, così da dirottarle per compensare gli incrementi delle tariffe energetiche.
E nel medio-lungo periodo?
Servono due misure che possano restituire più potere d’acquisto alle famiglie italiane: abbassare il costo del lavoro e alleggerire la pressione fiscale, che oggi in Italia è pari al 42,4%, tra le più alte dell’ultimo decennio.
L’emergenza gas non è però solo italiana, ma europea. Servirebbe una risposta sistemica dalla Ue, che sembra intenzionata a ricorrere a un price cap dinamico e temporaneo e ad acquisti comuni di energia. Bastano? Ci sono altre misure e altre risorse che possono essere mobilitate?
È necessario uno sforzo che sappia andare al di là delle risposte tecniche al problema delle bollette. L’Europa deve dare risposte, diciamo così, “politecniche”.
In che senso?
Serve un indirizzo politico – in questo momento vanno spostate le risorse e le attenzioni sul welfare sociale europeo, perché famiglie e imprese hanno bisogno di aiuto adesso – che va ovviamente reso subito attuabile attraverso soluzioni tecniche. Per esempio, separando i costi dell’energia elettrica da quelli del gas, prevedendo acquisti comuni per l’approvvigionamento energetico almeno per un certo periodo, ridefinendo la destinazione dei fondi strutturali. A tal proposito, non dimentichiamoci che proprio in questi giorni la Ue sta ricevendo tutte le proposte per riorganizzare i fondi comunitari del periodo 2021-2027. È un castelletto di risorse finanziarie la cui finalizzazione, come già successo con la pandemia, potrebbe essere indirizzata a fronteggiare l’attuale “stato di calamità energetico”.
(Marco Biscella)
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