Più 55% la luce elettrica, più 41,8% il gas: il 2022 porta in dote ai consumatori italiani balzi record delle bollette, tanto che le famiglie italiane, nonostante i fondi messi a disposizione dal governo per complessivi 3,8 miliardi, spenderanno in media 1.200 euro in più all’anno. Ma i rincari si faranno sentire soprattutto sulle imprese: una stangata che potrebbe mettere ko moltissime aziende, con pesanti ricadute anche sull’occupazione (si prevedono 500mila posti a rischio), perché i costi dell’energia sono una voce rilevante.
“Questi aumenti considerevoli – osserva Ettore Prandini, presidente di Coldiretti – mettono le nostre aziende in condizioni di forte difficoltà in termini di concorrenza” e “purtroppo rischiano di impattare sui consumatori finali”, anche se “siamo cercando di fare di tutto per contenere questi rincari, ma qualcosa succederà”.
Il 2022 parte col botto: da Capodanno i pezzi delle bollette di luce e gas andranno alle stelle. Quanto diventa insostenibile per le imprese agricole e agroalimentari lavorare e produrre con questi rincari?
Questi aumenti considerevoli mettono le nostre aziende in condizioni di forte difficoltà in termini di concorrenza. E’ vero che gli incrementi, in media, sono generalizzati anche per gli altri paesi, almeno in un contesto europeo, ma in Italia hanno raggiunto delle punte proprio nei settori meno sostenuti rispetto a quel che avviene all’estero. E’ il caso, per esempio, del settore florovivaistico, dove il costo del gas è addirittura triplicato rispetto all’anno scorso. Quindi rischiamo di perdere competitività nel posizionamento dei nostri prodotti sul mercato internazionale.
Ci sono molte imprese che rischiano di finire fuorigioco?
Sì, specie in alcuni settori dove oggi abbiamo ancora delle criticità all’interno della filiera. Penso, ad esempio, al comparto zootecnico o a quello lattiero-caseario: il forte aumento dei costi energetici e di alimentazione del bestiame mette a rischio la continuità stessa dell’attività.
Cosa prevedete per il 2022?
E’ una situazione generalizzata che va ulteriormente tenuta sotto strettissimo controllo.
Quali effetti ci potranno essere sui consumi e sui consumatori?
Purtroppo l’aumento dei costi energetici rischia di impattare sui consumatori finali, generando un aumento dei costi dei prodotti agricoli, sia in fase di coltivazione che in fase di trasformazione.
Avete fatto alcune stime?
Le nostre previsioni ci dicono che nei primi mesi del 2022 assisteremo a un aumento dei costi sui prodotti, e non solo agroalimentari, perché molte filiere sono in sofferenza. Stiamo cercando di fare di tutto per contenere questi rincari, ma qualcosa succederà.
L’impatto sarà più o meno omogeneo?
No, sarà molto variegato, perché dipende dalle filiere. Per esempio, per quanto riguarda la pasta, avremo aumenti intorno al 20-25%, a causa dei rincari energetici e del costo del grano, che mai come nell’anno della pandemia ha visto soprattutto i paesi asiatici correre ad accaparrarsi il prodotto a livello globale. Così la domanda è schizzata all’insù, a fronte però di quantità prodotte che sono rimaste più o meno stabili, se non addirittura calate per via delle calamità naturali e atmosferiche che hanno colpito non solo l’Italia, ma anche altri grandi paesi produttori cerealicoli. Questa minore disponibilità ha fatto impennare alcuni prodotti di oltre il 50% rispetto all’anno precedente, come il grano duro, il grano tenero o la soia.
E’ il prezzo che paghiamo a una transizione ambientalista troppo confusa, ideologica e accelerata?
Di questo siamo stati sempre convinti. La parola transizione presuppone un accompagnamento alle imprese verso una maggiore sostenibilità. Serve quindi reciprocità dei percorsi e dei processi produttivi.
Cosa rischia l’Europa?
L’Europa in questo momento sta accelerando in modo esponenziale rispetto a tutti gli altri continenti e paradossalmente chi non rispetterà le normi stringenti sulla produzione sostenibile sarà agevolato e riuscirà a produrre a costi decisamente più bassi. In situazioni di questo tipo è importante intervenire anche tramite forme di tassazione per evitare una concorrenza sleale nei confronti di chi pone l’accento proprio sulla questione ambientale. E’ mai possibile che Cina e India dichiarino di essere favorevoli alla transizione sostenibile a partire però dal 2050 e l’Europa invece accelera per far sì che tutti i processi sostenibili siano portati a termine entro il 2035? Seve una visione globale.
Siamo ancora in tempo per intervenire?
Mai come oggi bisogna intervenire sulle società di gestione dell’energia e su tutte le sottovoci che generano costi sulle bollette che arrivano anche al 40% e che negli altri paesi neppure esistono.
Per esempio?
C’è il tema delle reti, che noi paghiamo in modo continuativo. Ma in questi anni le reti energetiche non si sono moltiplicate, e forse val la pena vedere se ci sono le condizioni per sospendere questa componente della bolletta. Tutto ciò che oggi può essere sospeso in termini di costo sulle bollette va fatto, perché ne va anche della capacità produttiva.
Che cosa dovrebbe fare ora il governo?
In un momento di criticità è fondamentale dare garanzie e sicurezza ai cittadini e alle imprese. Bisogna incentivare i settori ritenuti strategici con interventi di sostegno economico. E le formule possono essere tante. Più interveniamo sul costo dell’energia pura e meglio è, altrimenti rischiamo di operare eccessive differenziazioni fra i settori.
E per la filiera agroalimentare?
Garantire il cibo ha un valore economico in termini produttivi, ma anche un valore sociale, perché è garanzia che i prodotti non mancheranno, né scarseggeranno. Quindi anche le industrie di trasformazione devono poter beneficiare di sistemi di incentivazione che li portino ad avere costi garantiti proprio sull’energia.
(Marco Biscella)
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