Dopo titoli e analisi di inizio anno, il tema del rialzo dei prezzi energetici, con le relative conseguenze sulle bollette di cittadini e imprese, sembra essere mediaticamente scomparso, nonostante la polemica politica relativa al fatto che la Premier Giorgia Meloni non abbia affrontato la questione durante la conferenza stampa di giovedì scorso. Sembrano invece tornate in auge le notizie relative al prezzo dei carburanti, dato che in alcune stazioni di servizio autostradali la benzina ha superato i 2 euro al litro. Abbiamo chiesto un commento a Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia.
Come mai, a suo avviso, il caro bollette non sembra più far notizia?
Credo occorra mettere il tutto in prospettiva. Tra la fine del 2024 e l’inizio del nuovo anno c’è stata un’impennata del prezzo del gas sopra i 50 euro/MWh, con un forte rialzo rispetto ai 31-32 euro/MWh della scorsa estate, ma ancora lontano dai livelli raggiunti nel 2022. Al momento l’ipotesi più probabile è che nei prossimi mesi si tornerà verso i 35 euro/MWh. Anche per questo si parla meno del tema: potrebbe esserci stato solo un aumento temporaneo del prezzo destinato a rientrare. Sempre che non accada qualcosa.
Per esempio?
La Russia ha appena accusato l’Ucraina di aver compiuto un attacco contro il gasdotto TurkStream senza riuscire a danneggiarlo. Ovviamente se ci fossero problemi a questa o ad altre infrastrutture di approvvigionamento europeo il prezzo del gas ne risentirebbe. Lo stesso potrebbe accadere se le settimane che ci separano dalla primavera saranno troppo fredde.
In Italia sembra esserci una situazione paradossale: nonostante sia ben messa quanto a scorte e approvvigionamenti di gas, ha un prezzo dell’elettricità superiore a quello di altri Paesi europei. Come mai?
Nel nostro Paese molta elettricità è prodotta tramite gas, la maggior parte del quale importato, come del resto è importata anche una quota non trascurabile dell’elettricità stessa, per esempio dalla Francia. Le rinnovabili sono sì cresciute, ma il sistema elettrico italiano resta tirato. A differenza di quanto avviene in altri Paesi, non ci sono fasce orarie con particolare abbondanza di elettricità, dovuta al vento, al sole o al nucleare che favoriscano un abbassamento del prezzo.
Cosa si può fare per migliorare la nostra situazione da questo punto di vista?
Bisogna anzitutto prendere coscienza che si è di fronte a un problema strutturale che non si può risolvere con soluzioni emergenziali. Tuttavia, se già evitassimo di chiudere le centrali a carbone potremmo avere un po’ più di capacità di generazione di elettricità. Come pure si potrebbe fare aumentando la produzione nazionale di gas, oltre che gli impianti di rinnovabili. Occorre poi prendere una decisione sul nucleare, i cui effetti si potrebbero vedere nel medio termine.
Sempre a proposito di elettricità, dallo scorso 1° gennaio è iniziato il processo che gradualmente porterà all’abbandono del prezzo unico nazionale (Pun) per passare a un sistema con prezzi zonali. Si potrà arrivare ad avere bollette differenti a seconda della residenza?
È un’ipotesi ed è difficile anche dire quanto tempo potrebbe volerci per arrivarci. Occorre, però, essere consapevoli che in ogni caso questo sistema non cambierebbe il modo di produrre elettricità nel nostro Paese, anzi focalizzarcisi troppo rischia di distogliere l’attenzione dal problema strutturale poc’anzi ricordato e dalle ragioni per cui ci sono altre nazioni che pagano l’energia meno di noi: gli Stati Uniti perché puntano sul gas, la Cina perché usa il carbone, la Francia perché ha il nucleare e la Spagna perché ha le condizioni climatiche e territoriali, oltre che una base di produzione da nucleare, per sfruttare al meglio le rinnovabili.
Intanto sui media è ricomparso il tema dei prezzi di petrolio e carburanti. Anche in questo caso tra poco potrebbe non parlasene più?
Ci sono state oscillazioni continue con il prezzo del petrolio che è ora intorno agli 80 dollari al barile, quando l’anno scorso era arrivato sopra quota 90 e siamo, quindi, ancora relativamente lontani dai 120 dollari di quasi tre anni fa. Nel 2024 c’è stato e un eccesso di offerta che dovrebbe proseguire, ma potrebbero esserci alcuni fattori in grado di restringerla. In particolare in questi giorni a influire sul prezzo sono il clima rigido negli Stati Uniti, che ha comportato un aumento della domanda per gasolio da riscaldamento, e il timore che la nuova Amministrazione Trump possa imporre sanzioni a Paesi produttori come Iran e Venezuela.
(Lorenzo Torrisi)
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