Giorgia Meloni ha cominciato con il guanto di velluto, s’è lasciata dietro le spalle intemperanze e goliardate su TikTok buone per la campagna elettorale e sta assumendo un aplomb governativo. Nella sua prima uscita pubblica a Milano ha mostrato questo volto più istituzionale. “Sapete che in questi giorni ho scelto di limitare uscite pubbliche per dedicarmi anima e corpo ad affrontare i dossier più urgenti – ha detto parlando a una manifestazione della Coldiretti -. Se saremo chiamati a governare questa nazione è chiaro da subito che abbiamo in mente di dare risposte efficaci e immediate ai principali problemi”. E ancora: “Sto seguendo il lavoro del Governo uscente, confido che ci siano e che ci saranno i margini per mettere a punto una soluzione che comunque vada impatterà sui costi energetici tra qualche mese. Penso che questa sia la responsabilità prioritaria del futuro governo e su questo siamo impegnati a lavorare”.
Il gas innanzitutto, dunque. “Il tema non è come compensare la speculazione sul gas ma come fermarla”, tuttavia occorre una soluzione a breve, di qui a fine anno, e poiché il price cap non si farà (e se si applicasse solo al gas russo non servirebbe a granché visto che se ne consuma sempre meno) occorre mettere mano alle proprie risorse. La decisione di Berlino ha irritato tutti, a cominciare da Mario Draghi, tuttavia è una risposta, certo unilaterale e per molti versi egoistica, a una impasse di fatto nel momento in cui non c’è più tempo da perdere. La Germania ha utilizzato il fondo istituito durante la pandemia: erano 600 miliardi di euro, ne ha spesi solo 200 e ora ne stanzia altri 200 per compensare imprese e famiglie. Paesi altamente indebitati come l’Italia che hanno un rating a tre B hanno maggiori difficoltà a indebitarsi ancora, a meno di non pagare interessi insostenibili. Dunque, far quadrare i conti sarà molto difficile.
La strada, stretta e accidentata, prevede un quarto decreto aiuti abbastanza consistente, ma con i limiti di bilancio tracciati dalla Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza non ci sono molti spazi. Dunque si tratta di trovare un equilibrio tra risorse esistenti, risorse che si possono recuperare (la stessa Giorgia Meloni ha parlato di ridimensionare Reddito di cittadinanza e superbonus edilizio, pur sapendo che non basterà) e un certo ampliamento del disavanzo pubblico. La Nadef prevede nel 2023 un indebitamento netto tendenziale del 3,4%, confermando la stessa percentuale di quest’anno o magari con due decimali in più si potrebbero recuperare due punti di Pil, quindi circa 24 miliardi. Ciò dovrebbe far parte della prossima Legge di bilancio che va presentata a Bruxelles entro dieci giorni. E allora non ci sarà ancora un nuovo Governo.
Anche su questo Giorgia Meloni è stata prudente. Ha detto che l’incontro con Silvio Berlusconi l’ha resa ottimista e che entrambi sono d’accordo nel formare “un Governo di alto profilo”, ma la fretta è cattiva consigliera. Matteo Salvini ha già cominciato un gioco al rialzo sui contenuti e sulle politiche. Anche lui il giorno prima era dalla Coldiretti, con ben diverso piglio, sembrava ancora in clima elettorale. La transizione è decisiva: il gioco di sponda tra chi entra e chi esce deve essere cooperativo, altrimenti sono guai. Un eventuale extra deficit va discusso e contrattato subito con la Commissione europea, la trattativa dovrà essere avviata dal Governo ancora in carica sotto la supervisione di Mario Draghi. Un passaggio della campanella corretto e senza conflitti è fondamentale nell’interesse del Paese.
Ma c’è di più. La vincitrice delle elezioni si rende conto che il successo elettorale non è tutto. Ha la maggioranza in entrambe le camere, ma al Senato è abbastanza risicata. Il centrodestra ha 115 seggi su 206 perché occorre tener conto dei senatori a vita che non sono in sintonia con il centrodestra. Quindi la maggioranza sale a 104. Poi bisogna togliere il presidente del Senato. Ci sono i ministri e ci sono i senatori in missione o assenti giustificati. Anche con una compattezza politica che finora non s’è mai vista e con una salute di ferro di ogni rappresentante del popolo, c’è sempre il rischio di trovarsi in minoranza. Giorgia Meloni avrà bisogno di Forza Italia come sponda stabile, in Italia e anche in Europa se la sua strategia è di assecondare il riavvicinamento tra conservatori e popolari. Ma tutto questo appartiene al prossimo futuro. Oggi bisogna tamponare l’emorragia delle bollette, anche a costo di lasciare indietro questioni cruciali come la riforma delle pensioni che per Salvini è una priorità (ha promesso che mai e poi mai si tornerà alla Fornero). Un altro tema caldo per la prossima Legge di bilancio.
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