“Abbiamo lanciato l’allarme energia già a settembre. Ricordo che in occasione della nostra assemblea, lo scorso 6 ottobre, ne abbiamo parlato con il ministro Giorgetti, che ci ha ascoltato con grande attenzione, perché già allora la situazione si manifestava in tutta la sua gravità. Poi, poco prima di Natale, è arrivato uno tsunami, da cui non siamo ancora usciti”. Alessandro Banzato è il presidente di Federacciai, settore che da inizio anno ha già perso il 20% della produzione a causa proprio dei rincari dell’energia.
Eppure la siderurgia italiana è “ancora competitiva ai massimi livelli con aziende tecnologicamente all’avanguardia, in grado di competere su tutti i prodotti in tutto il mondo”. E a fronte di una zavorra che penalizza le nostre aziende rispetto ai concorrenti tedeschi e francesi, “chiediamo solo che ci mettano nella condizione di poter competere”. Il pericolo? “Da tempo la Francia ha come obiettivo quello di cercare di riprendersi il secondo posto come manifattura in Europa e proprio i costi dell’energia sono una delle armi che sta utilizzando”.
Quanto pesa sulle acciaierie il caro bollette?
Le cito solo un esempio. Considerando un’acciaieria che abbia lavorato normalmente, solo per il mese di novembre ha pagato per le bollette di energia elettrica e gas poco meno della metà di quanto aveva sborsato in tutto il 2020. Dà l’idea del problema.
E’ ancora alto l’allarme energia?
I prezzi dell’energia sono ancora su livelli inaccettabili. Prenda, per esempio, l’energia elettrica: a inizio 2021 costava circa 60 euro a Mwh, oggi siamo a 220 euro a Mwh, con massimi orari addirittura a 294 euro.
Che impatto stanno avendo questi rincari sul vostro settore? Ci sono rallentamenti produttivi?
Ogni azienda ha scelto di reagire a suo modo, in base alle proprie esigenze e necessità interne: c’è chi ha scelto di lavorare di notte, chi invece ha tagliato le punte, cioè ha fermato l’attività nelle due-tre ore del giorno in cui si pagano i prezzi massimi… Ma il fatto grave è che i rallentamenti produttivi avvengono in una fase in cui la filiera dell’acciaio ha in pancia un portafoglio ordini molto ricco e avrebbe la necessità di lavorare a tutta forza e non stop and go come ci impone talvolta il prezzo folle dell’energia. E’ quindi per noi un danno doppio.
Si rischiano fermi produttivi che possono mettere a repentaglio le sorti di filiere e comparti del manifatturiero italiano?
No, fermarci non possiamo, perché i siderurgici sono la base di tutte le filiere di una manifattura che è ancora la seconda in Europa. Speriamo di non tornare ai picchi di dicembre e di poter governare da qui in avanti i prezzi dell’energia.
Arriverà o è già arrivato il momento in cui i rincari verranno scaricati sulla filiera a valle?
Fino alla fine dello scorso anno le aziende hanno assorbito questi rincari, ma ora non è più possibile. Un conto è resistere per due o tre mesi, ma questa pressione dei prezzi va avanti ormai da 7-8 mesi. Abbiamo dovuto ribaltare tutto questo sui mercati a valle e chiaramente i rincari arriveranno a toccare i listini dei prodotti che tutti i giorni gli italiani comprano.
Anche i vostri competitor sono nelle stesse condizioni di difficoltà?
Francia e Germania hanno varato provvedimenti molto impattanti a supporto dei loro produttori energivori, siderurgia compresa, tanto che i nostri concorrenti hanno un prezzo dell’energia nettamente inferiore al nostro.
L’acciaio italiano è ancora competitivo o potrebbe finire fuori mercato?
Questo è il punto dolente decisivo. Noi competiamo in Europa e non possiamo assolutamente avere differenze competitive così ampie, che già oggi avvertiamo, perché i contratti all’estero si conquistano con grande fatica.
Chi può trarne vantaggio?
Sicuramente la Francia. Da tempo il loro obiettivo è cercare di riprendersi il secondo posto come manifattura in Europa e proprio i costi dell’energia sono una delle armi che stanno utilizzando. Ma anche la Germania si sta avvantaggiando, e stiamo parlando dei nostri due main competitor del continente.
Draghi ha fatto sapere che sul caro bollette il governo “sta preparando un intervento di ampia portata nei prossimi giorni”, si parla di una dote compresa tra i 5 e i 7 miliardi, per garantire “un adeguato sostegno” per il secondo trimestre dell’anno.
Qualche piccolo intervento del governo c’è già stato, come il credito d’imposta del 20% per il primo trimestre 2022, e il nostro settore, in particolare, ha ottenuto il rinnovo per i prossimi 5 anni di un istituto importantissimo come Interconnector per le infrastrutture di interconnessione con altri paesi europei.
Che cosa chiedete e che cosa vi aspettate?
Sposiamo in generale le richieste avanzate da Confindustria, che chiede una “gas release” e una “electricity release”. Per noi, poi, è assolutamente importante riprendere in serissima considerazione il fatto di ricominciare a estrarre un po’ di gas italiano, ne abbiamo le possibilità e abbiamo i giacimenti, come nell’Adriatico, dove non tiriamo fuori un metro cubo di gas, lasciandolo tutto alla Croazia. Infine, entro la fine dell’anno, ed è un punto importante per il nostro settore, intendiamo chiedere una forte revisione del prezzo del servizio di interrompibilità.
Perché?
Con la piega che ha preso adesso ha uno scarso valore economico per le imprese che hanno consumi pazzeschi come quelle siderurgiche. Con il servizio di interrompibilità garantiamo un contributo essenziale alla sicurezza del sistema elettrico nazionale, soprattutto in un territorio delicato come il Nord Italia. Ma è un servizio che non viene valorizzato. Tenga presente che, in caso di grosso problema sulla rete nazionale, le acciaierie vengono staccate in 22 centesimi di secondo, evitando così un black out.
L’Italia dovrebbe farsi sentire in Europa su politiche di approvvigionamento energetico e transizione verde?
Assolutamente. La transizione ecologica è un processo inevitabile, ma il New Green Deal deve seguire un po’ di logica, visto che non tutte le soluzioni tecnologiche necessarie sono oggi così affinate. E poi il governo italiano dovrebbe farsi sentire a livello politico, perché la Ue rischia di fare il vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro. Ascoltiamo gli Stati Uniti che non vogliono il Nord Stream 2? Litighiamo con i russi che sono i nostri maggiori fornitori di gas e che possono chiudere i rubinetti in dieci minuti? Serve un dialogo sui temi dell’energia e dell’ambiente a livello mondiale, che non ci chiuda nell’angolo. La vedo dura per noi in futuro.
(Marco Biscella)
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