Martedì l’Istat fornirà il dato definitivo sull’inflazione di gennaio, stimata al +4,8% su base annua, un livello che non si vedeva da 26 anni e che sta spingendo i sindacati, in particolare Cgil e Uil, a chiedere un adeguamento dei salari per proteggere il potere d’acquisto dei lavoratori. Già a inizio dicembre Nicola Rossi, professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata, aveva evidenziato di avere la sensazione che il rialzo dei prezzi non fosse un fenomeno transitorio e limitato ad alcune specifiche voci del bilancio famigliare.



E, oltre che dai fatti, sabato scorso questa sua percezione ha trovato conferma nelle parole del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che intervenendo al Forex ha detto che le pressioni sui prezzi di beni e servizi saranno più prolungate di quanto inizialmente stimato.

Visco ha anche detto che l’inflazione è sostanzialmente una tassa. Cosa ne pensa?



È così, è una tassa particolarmente odiosa, perché non viene nemmeno discussa e approvata in Parlamento, ed è iniqua, perché viene pagata soprattutto dai ceti meno abbienti.

Per quanto dovremo fare i conti con questa fiammata inflazionistica?

C’erano e ci sono ancora segnali che fanno pensare che sia destinata a durare, probabilmente non con le punte che vediamo ora, ma in termini certamente sostenuti. La mia sensazione è che il periodo di inflazione zero sia definitivamente cessato e ci avviamo a tornare ad avere tassi di inflazione che, se non stiamo attenti, possono anche risultare eccessivi.



L’inflazione contribuisce però a ridurre il rapporto debito/Pil. Perché allora il Governo dovrebbe avere interesse a contrastarla?

È vero che aumentando il Pil nominale l’inflazione riduce il rapporto debito/Pil, ma dopo poco comincia anche a essere incorporata nei tassi di interesse e fa quindi aumentare gli oneri per gli interessi sul debito. Alla fine, quindi, quello che esce dalla porta (la riduzione del rapporto debito/Pil), rientra dalla finestra (la crescita del deficit e quindi il servizio debito).

Come si può cercare di evitare l’eccesso di inflazione?

Penso che, dopo dieci anni, si debba mettere fine a una stagione di politica monetaria espansiva. So benissimo che ci sono dei rischi se la Bce interviene troppo presto, ma ci sono dei rischi anche se lo fa troppo tardi. La mia sensazione è che a questo punto i rischi maggiori siano quelli di intervenire troppo tardi.

C’è il rischio che si inneschi la spirale salari prezzi?

In realtà, se si va a vedere il numero di contratti in scadenza e le piattaforme sindacali che si stanno costruendo, quella spirale si è di fatto già innescata.

Al rialzo dell’inflazione stanno contribuendo in particolare i rincari energetici, che tra l’altro creano non pochi problemi alle imprese. Il Governo è appena intervenuto di nuovo su questo fronte, ma non sembra in maniera risolutiva…

Pensare che lo Stato possa coprire i maggiori costi dovuti ai rincari energetici per tutte le imprese è una cosa che non sta né in cielo né in terra, perché il bilancio pubblico non lo consentirebbe mai. Ma a parte questo impedimento, si tratterebbe di un intervento molto diseducativo.

In che senso?

Se continuiamo a pensare che al primo stormir di fronda, quando le cose cominciano ad andare meno bene, si possa sempre alzare il dito e chiedere l’intervento dello Stato per avere un ristoro a fronte di un andamento dei mercati diverso da quello che si era previsto, mi domando dove andrà a finire il rischio di impresa. Inoltre, si tratta di una strada che non porta da nessuna parte. Quello che lo Stato deve fare è una cosa diversa.

Quale?

Lo Stato da molto tempo addossa alle famiglie e alle imprese oneri in campo energetico inaccettabili. Approfittando dell’impossibilità di fare a meno di utilizzare l’elettricità, nelle bollette c’è un carico di fiscalità inverosimile, ci sono oneri impropri che dovrebbero essere affrontati dall’intera collettività e non dalla singola impresa che dovrebbe solamente pagare l’energia che consuma. Senza dimenticare la beffa rappresentata dal fatto che su questi oneri impropri in bolletta si paga anche l’Iva. Lo Stato dovrebbe quindi abbattere il carico fiscale presente nelle bollette, che discende dalle sue stesse scelte, in modo permanente e non transitorio.

E può anche cercare di migliorare il mix energetico.

Andrebbe aperto un grande dibattito nazionale perché probabilmente utilizzare il nucleare di ultima generazione è molto più ragionevole di quanto non si pensi. Anche perché pensare di risolvere il problema della dipendenza energetica del Paese semplicemente con le rinnovabili francamente è un po’ illusorio.

Forse sta diventando anche più chiaro che la transizione energetica ha dei costi.

Tutti vogliamo che sia realizzata questa transizione che ritengo sensata, ma basarla solo ed esclusivamente sulle rinnovabili credo sia anche un po’ infantile, non ce la faremo mai. Penso, quindi, che occorra iniziare seriamente a ridiscutere qualcosa che abbiamo accantonato con una certa superficialità. Nel nucleare esistono oggi tecnologie nuove che probabilmente sono pulite a sufficienza.

Ci vuole in ogni caso del tempo per realizzare questo tipo di impianti.

Ci vuole moltissimo tempo, quindi prima si comincia a discuterne, meglio è.

Intanto si può cominciare, come ipotizzato, ad aumentare l’estrazione del gas nazionale.

Sì, assolutamente. Però questa non è una soluzione strutturale del problema. Del resto, se compriamo energia elettrica prodotta all’estero con il nucleare, dire no a priori a questa fonte energetica rischia di mostrare solo ipocrisia.

(Lorenzo Torrisi)

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